Arriva dal mondo dello spettacolo un contributo ad un problema che spesso viene dimenticato l’abbandono e i maltrattamenti sugli animali. E’
Giorgio Panariello
che s’impegna attraverso il tour “Del mio meglio live”, che lo vede protagonista nei teatri italiani, a diffondere questo messaggio sociale.
Una nobile iniziativa che ha permesso per la prima volta di riunire le principali associazioni del settore: Lega Nazionale per la Difesa del Cane, LAV, ENPA, Animalisti Italiani.
Un anticipazione l’abbiamo ascoltata durante la presentazione del Premio Barocco 2008. Al microfono di Patrizio LONGO incontriamo
Giorgio Panariello
attore, comico, showman che riscuote notevoli consensi dal pubblico sempre attento alle sue battute.
Al microfono con Patrizio LONGO, incontriamo durante una tappa del suo tour nazionale Giorgio Panariello. Ciao Giorgio!
Una “freschissima” tappa, aggiungerei. Buongiorno a te e a tutti!
Uno spettacolo che va da Shakespeare a Renato Zero, guardando, analizzando e denunciando anche un problema come quello dei cani abbandonati, per tornare poi a Tiziano Ferro, Renato Zero, tutta la carovana di personaggi che interpreti con il tuo stile.
È un varietà, quindi ci deve essere la varietà. Si parla un po’ di tutto, e poi io sono specializzato nell’osservare i tic. Cioè nell’osservare “noi”, perché io non mi ritengo diverso da chiunque altro. Faccio solo un mestiere diverso, ma in fondo sono anch’io un precario di lusso. Se il pubblico ci volta le spalle andiamo tutti in giro a cercarci un altro mestiere. Mi sento vivo con la gente, vivo nel quotidiano con le persone che non fanno questo lavoro, e quando scrivo i miei monologhi non faccio altro che mettere la mia esperienza quotidiana nel sociale. In questo spettacolo si affrontano tematiche serie, ma è soprattutto uno spettacolo comico, quindi questi temi si affrontano alla mia maniera: tra una battuta e l’altra all’improvviso ti dico una cosa che ti fa riflettere. Sembra strano: analizzo il testo di una canzone di Gigi D’Alessio, e subito dopo ti dico che Shakespeare ha fatto di meglio. Tutte piccole osservazioni del quotidiano, delle cose che ascoltiamo o che vediamo in tv, che poi porto su quel palcoscenico.
A proposito di Gigi D’Alessio, parliamo un attimo di "Del mio meglio live", il tuo spettacolo. È stato tuo ospite, come molti altri: la caratteristica di questo tuo tour è che in ogni tappa porti con te un amico, o un collega?
Per una strana coincidenza, forse perché i miei spettacoli televisivi erano prettamente musicali, forse perché sono appassionato di musica, o forse perché ho cominciato in radio, e quindi so dare alla musica e ai cantanti il giusto peso, ho più amicizie tra i cantanti che non tra i miei colleghi. A parte Pieraccioni, Conti… Questo ci ha fatto pensare, per rendere ogni tappa diversa e per far sì che io sia costretto a “personalizzare”, di invitare ogni volta un cantante. Sono andato a pescare nella mia agenda, tra quelli con cui c’è un’amicizia, o almeno una stima reciproca, quelli a cui chiedere di prendere un aereo e raggiungermi in un posto. Quando ho potuto ho “pescato” direttamente sul posto, così non gli facevo fare nemmeno troppi chilometri. È gente che non vuole nemmeno soldi, al massimo un rimborsino per l’albergo. Mi ha fatto molto piacere vedere quanti hanno aderito. Ad esempio Gigi D’Alessio, a Taormina: sono sicuro che non solo sarà un momento musicale carino, ma finalmente un motivo per dirgli in faccia quello che penso su alcune cose dei suoi testi.
Parlavamo di amicizie, e fra i tuoi tanti cavalli di battaglia c’è Renato Zero. L’amicizia con lui?
Noi siamo una coppia di fatto. Nel senso che ormai siamo visti in parallelo, ma ormai… sai, questa è un po’ una tournèe che conclude tante cose. Intanto conclude un ciclo di miei personaggi: non è che li metto in naftalina, ma li utilizzerò molto meno. Tra questi l’imitazione di Renato Zero, ma non credo che si concluderà il rapporto di collaborazione artistica, vorrei fare qualcosa di più artisticamente forte, che non sia limitato alle imitazioni.
Quanto studi un personaggio, hai mai avuto delle difficoltà? Magari dopo aver pensato di rappresentarlo facilmente?
Sì, c’è stato un personaggio. Tieni presente che si tratta sempre di personaggi che ho visto di persona. Quando si tratta di un personaggio che mi viene commissionato, come nel film di Pieraccioni (Cateno, il fratello del protagonista), me lo invento di sana pianta. Ma in teatro non è così semplice. C’è stato il caso di un buttero maremmano, Morellino di Scansano (come il vino), che è stato più difficoltoso: avevo preso l’anima, la situazione, il carattere, ma non la voce. Me ne sono accorto piano piano, nel tempo, ma è una cosa che si può sempre correggere.
Al microfono di Patrizio LONGO, con Giorgio Panariello, per parlare "Del mio meglio live", questo spettacolo che si conclude con un monologo sulla vita. Vuole essere un modo per esorcizzare qualcosa?
Si conclude con un monologo sulla vita di un anziano, in modo un po’ tenero, riflessivo, un finale sullo stile de “La vita è bella” di Benigni. Scopri che il sacrificio di una persona può portare nuova vita ad altri. Questo è un po’ il mio finale, visto che ho riempito lo spettacolo di piccole riflessioni qua e la: lasciare il pubblico con un’emozione invece che con una risata, visto che hanno riso per due ore, mi fa sentire bene. Il pubblico va via anche un po’ commosso, e questo è bello. Quando si riesce a far sì che il pubblico lasci uno spettacolo comico commosso è un bel complimento, ed anche una bella sfida.
I tuoi spettacoli, in teatro e in tv, hanno sempre un arredamento "minimal". Una scelta voluta?
Sì, certo. Io ho sempre pensato che se vai al ristorante e ordini pesce, se ci mettono sopra troppo prezzemolo e troppo pepe allora c’è qualcosa che non va. Spesso l’eccesso di scenografie, coreografie, sviolinate va a coprire qualcosa. E quando un uomo di spettacolo riesce ad essere il più solo possibile sul palco scarno, c’è più concentrazione su quello che si fa. Io, ad esempio, il mio Sanremo l’avevo impostato così per quel motivo: l’attenzione doveva essere sul cantante, che doveva fare anche da scenografia. Era il festival della musica italiana, non quello di Panariello o dello scenografo. È per questo che preferisco alloggiare in alberghi che abbiano meno moquette ed arazzi, a favore di più parquet ed una sedia sola. Secondo me quello mette a nudo quelle che sono le reali capacità di ognuno – artistiche o di ospitalità che siano.
Dai personaggi più recenti, e andando indietro, dall’ "uomo Vogue" a "Renato Zero", a "Mario il bagnino", a "Lello Splendor", "Nando", e così via… con quale voce Giorgio Panariello chiuderebbe questa intervista, e dicendo cosa?
Io la farei concludere dal personaggio che tra tutti è il più trasversale: Renato Zero. Con un discorso molto chiaro, come fa lui: «Ringrazio tutti quanti di questa, come dire, simpatica amicizia che spesso riservate al contenuto musicale che Renato riesce a intrinsecare attraverso l’estrinsecazione di un affetto amoroso che si conclude molto spesso nella complicanza complice di questa luna fantastica che assieme alle stelle conclude questo nostro parlare forbito, forse in qualche occasione anche di qualche parola… insomma: st’antervista, dicendo a tutti quanti “GRANDI!!!” cose a tutti.»
Giorgio Panariello, grazie e in bocca al lupo per tutto!
Grazie a voi, alla prossima!
Ascolta intervista audio.