In tour nei principali teatri italiani con uno spettacolo che rende omaggio alla radio, quella libera, dal titolo “L’ultima Radio”. Monologo scritto da Sabrina Negri.
Una carriera indiscussa la sua, quella di un protagonista dello spettacolo in tv degli anni ’80 e ’90. Lo incontriamo durante il tour nelle vesti di un dj anni 80.
Al microfono di Patrizio LONGO insieme a Tullio Solenghi per raccontare di questa nuova avventura. Benvenuto Tullio!
Buongiorno! Grazie, grazie, bentrovati a tutti!
Ci troviamo per parlare de “L’ultima radio“, il tuo monologo che guarda alle prime radio libere. Fai per caso riferimento al film “Talk Radio”, di Oliver Stone?
Quella è una meta inarrivabile, perché la figura di Boghossian rimane nella memoria di quelli della mia generazione. Scolpita nella memoria. Di sicuro la mia è una via più nostrana, più casalinga, di percorrere gli itinerari che percorreva Boghossian nel film di Oliver Stone.
La radio di quel tempo, le prime radio libere, erano anche la colonna sonora di una generazione?
Sì, di sicuro sì, anche perché la televisione non aveva ancora invaso il mercato, e l’etere, come poi è successo. Allora esisteva solo la televisione di Stato, e quindi o era Rai Uno o era Rai Due, non si scappava. E allora, ovviamente, c’era anche più spazio per la radio. Io sono cresciuto, studente, con la compagnia giornaliera dell’“Alto Gradimento” di Arbore e Boncompagni, con tutti i loro personaggi.
Un omaggio al primo mezzo di comunicazione che ti ha visto protagonista. Volendo poi guardare un attimo al tuo passato, ad “Hellzapoppin’” su Rai Due?
Sì, sì… Hellzapoppin’ fu innanzitutto l’occasione per metterci insieme. Quando mi fu commissionato, allargai la proposta anche a loro (ndr: Anna Marchesini e Massimo Lopez). Ricordavo questi due amici con cui avevo condiviso anche momenti lavorativi molto belli e significativi, con i quali ci eravamo ripromessi di lavorare insieme, qualora fosse capitata la possibilità. Era capitata, e fu da lì che cominciò il nostro percorso comune: i primi personaggi, le caratterizzazioni, le prime imitazioni sono venute proprio in radio. La trasmissione doveva durare 13 puntate, ma ebbe talmente successo che ne facemmo 52.
Quelli possono essere annoverati come i primi passi del Trio, di questo grande gruppo che poi avrebbe segnato un momento importante della televisione. Ma eravate sempre d’accordo sulle scelte artistiche, sui personaggi. Chi era che sceglieva il personaggio da reinterpretare?
Non è che ci fosse bisogno di accordo, bastava che la proposta del singolo venisse avvallata dalle risate e dalla soddisfazione degli altri due. Non c’era nessun distacco a priori. Si fa tutto quello che funziona, quello che non convince gli altri non passa. E devo dire che questo è stato un setaccio molto efficace per trattenere le stronzate e far uscire solo le cose efficaci.
A tuo avviso, guardando alla storia di quel tempo (soprattutto dal punto di vista sociale), il trio aveva un che di blasfemo. É stato accusato di blasfemia?
Sì, beh…
Sai a cosa faccio riferimento, vero?
Sì, senz’altro all’episodio di Sanremo ed ai Promessi Sposi. Sai, a vederle oggi, quelle cose, con tutto quello che si dice… son dei peccati, ma neanche veniali, sono appena dei buffetti, rispetto a quello che oggi passa per televisione. Allora qualche sospetto di blasfemia ci fu, ma devo dire che noi abbandonammo subito il campo, laddove si poteva sospettare. Io mi addosso la responsabilità di aver interpretato Sanremo, però c’è da dire che è un santo che non esiste nel calendario, né nell’empireo beatificato della religione cattolica. É un santo finto, non esiste Sanremo. Avevo dalla mia il fatto si parodiare un santo che non esisteva.
Lo scorso inverno, il Trio ritorna per festeggiare i 25 anni di successi. É stato doloroso, il grande ritorno al piccolo schermo?
No, no, doloroso no, anzi… Al di là di quello che viene proposto in televisione, che è stato senz’altro molto efficace e molto seguito, poi ognuno di noi tre l’ha vissuto come un ritrovarsi con due fratelli. É stato un momento molto importante, anche emozionalmente.
Adesso una curiosità che non puoi non raccontare ai nostri ascoltatori: mi parli del vostro incontro, nei lontani anni ’80, con il Cavaliere?
Intanto il Cavaliere non era ancora “unto del Signore” e quindi non era ancora Presidente del Consiglio, si occupava solo di televisioni. Noi avevamo fatto “il botto” in Rai e lui ci voleva per le reti Mediaset, che all’epoca erano solo Canale 5 e Italia 1. Ci incontrò a Roma, nel suo meraviglioso appartamento di Via dell’Arma, dietro piazza Navona, con tutti i crismi, con le guardie del corpo che ci scortarono fino all’ascensore… Lui si mostrò molto generoso, molto disponibile. C’era la televisione accesa, su Canale 5, ovviamente, e lui ci chiese: «Cosa cambiereste della mia televisione?» E Anna si lascio sfuggire un: «Tutto.», nel senso che non ci piaceva nulla. Io e Massimo lì per lì ci irrigidimmo, però credo che questo diede poi la stura alla critica che anche lui faceva delle sue trasmissioni. Ci promise mari e monti, anche di venirci a prendere con l’elicottero per portarci ad Arcore, per firmare un contratto che prevedeva un assegno con parecchi zeri. Noi alla fine abbiamo resistito, perché comunque tutto questo era parte, come poi è diventato per tutti, anche per la Rai, di scelte che dipendevano soprattutto dal commercio, dagli sponsor, dalla pubblicità… e questo ci sembrava che guastasse un po’ quest’atmosfera (ancora indenne da tutto ciò) che avevamo mantenuto in radio e in Rai. Nonostante i lauti compensi e l’elicottero abbiamo detto di no al Cavaliere.
Vi sembrava una profanazione?
Sì, sembrava qualcosa tipo “i mercanti nel tempio”, e allora preferivamo rimanere puliti.
Al microfono di Patrizio LONGO con Tullio Solenghi: un percorso artistico che ti ha visto interpretare diversi ruoli, anche attraverso diversi mezzi di comunicazione: radio, teatro, televisione…
Manca il circo… (ride)
Ricordando anche il doppiaggio dei cartoni animati, e tante altre cose. Cosa vorresti realizzare, in questo 2008?
Diciamo che intanto continuo a portare in giro il mio monologo sulla radio, e questo mi fa molto piacere perché vuol dire che viene richiesto. Diciamo che non disdegnerei di fare una fiction, anche in un ruolo non dichiaratamente comico. Aspettiamo a vediamo.
Permettimi una domanda un pò provocatoria: come vedi la generazione dei “nuovi comici”. Faccio riferimento a format come “Zelig”, quello che viene annoverato come il nuovo cabaret, rispetto a quello che avete fatto voi e tanti vostri colleghi?
Di sicuro c’è una grande ammucchiata. Io stento a ricordami le facce, perché laddove noi si era in quattro, cinque artisti nell’arco di una trasmissione che durava un’ora e mezzo, ora credo che Zelig ne ammassi una trentina nello stesso tempo, o una ventina. Per cui c’è molta confusione, ci sono molte proposte diverse, alcune anche valide. Io dico sempre, come per il vino, di aspettare e vedere l’invecchiamento, perché poi è quello che decide. Quindi rimandate, facendogli gli auguri di resistere com’è successo a noi, tutta questa folta truppa di comici almeno a fra un lustro, e vedere chi resiste. Chi ce la fa ha sicuramente la patente per essere promosso sul campo.
Tullio, io sto per salutarti, ma a nome degli ascoltatori permettimi una nota, dedicata a chi conosce il tuo ricco vocabolario totalmente personalizzato: puoi citarci alcuni termini dal vocabolario secondo Tullio?
Il vocabolario secondo Tullio, di solito inizia con “cerbottana”, cervo femmina di facili costumi e va a chiudere con “bigodino”, orgasmo che vale doppio. Ecco.
Tullio Solenghi, al microfono di Patrizio LONGO. Grazie Tullio, per la disponibilità, e un in bocca al lupo per tutto! A presto!
Grazie a voi! Ciao Patrizio, ciao a tutti!
Ascolta intervista audio.