L’incontro inizia con le parole dell’autore, che testimoniano un’intuizione futurista di una personalità creativa destinata a lasciare un’impronta indelebile nella cultura italiana del XX secolo.
La sua Linea trae ispirazione dalle animazioni di Émile Cohl, pioniere del cinema d’animazione e degli effetti speciali, che realizzò il primo cartone animato della storia.

Con ironia e spensieratezza, ha tratteggiato e raccontato il costume di un’Italia tra la fine degli anni ’60 e i primi anni ’70, in uno scenario di profondi cambiamenti socio-culturali, che ancora oggi stimolano riflessioni e dibattiti.
Al microfono di System incontriamo Sergio, il figlio, per raccontare e rivivere insieme questa “scuola” di disegno: quella di Osvaldo Cavandoli.
Leggi intervista a Sergio cavandoli
Voce Carosello: Ciao vecchiaccio, hai già vent’anni eh, anzi ti dirò quando non ci sarà più questa mano, tu continuerai a ridere.
Patrizio Longo: L’incontro inizia con le parole dell’autore, parole che testimoniano un’intuizione futurista di una personalità creativa, che avrebbe lasciato testimonianze indelebile nella cultura del XX secolo.
La sua linea, prendendo spunto dalle animazioni di Emil Kohl, pioniere del cinema d’animazione e degli effetti speciali, il quale realizzò il primo cartone animato della storia. Ha tratteggiato e raccontato con ironia e spensieratezza il costume di un’Italia tra la fine degli anni sessanta e i primi del settanta, in uno scenario di profondi cambiamenti socio-culturali, di cui ancora oggi riflettiamo e discutiamo.
Al microfono di System incontriamo Sergio, il figlio, per raccontare e rivivere insieme questa scuola di disegno, quella di Osvaldo Cavandoli, ben trovato.
Sergio Cavandoli: Grazie, buongiorno a tutti.
Patrizio Longo: Animatore, regista, fumettista italiano e attento scrutatore della realtà, che ricordi hai di tuo papà?
Sergio Cavandoli: Beh, mio padre era una persona estremamente semplice, un artigiano del film d’animazione. A lui piaceva molto disegnare, fin da quando aveva 18 anni e lavorava all’Alfa Romeo come disegnatore tecnico, ma poi con i fratelli Dinamite, perché è stato assunto dai fratelli Pagot come disegnatore per la produzione di questo film, primo film italiano a lungometraggio a cartoni animati, ha iniziato la sua carriera e il suo lavoro che più gli piaceva, era appassionatissimo del disegno. Infatti lui mi disse, quando non vorrò più disegnare vorrà dire che la mia vita si sta concludendo e infatti è stato così.
Patrizio Longo: Un lavoro nato, dicevamo in apertura del nostro incontro, un po’ per gioco, un po’ per staccare della routine presso Alfa Romeo, dove nelle pause tuo papà Osvaldo abbozzava fumetti e caricature dei colleghi. Inizia qui a coltivare la passione che poi sarebbe diventata la sua attività primaria?

Sergio Cavandoli: Sì senz’altro, è iniziato così, faceva i disegni nei tempi morti del lavoro, le caricature dei suoi colleghi e poi le regalava ai colleghi, infatti non abbiamo nessuna testimonianza di quei disegni, sono tutti andati. Comunque faceva anche in tempo di guerra, faceva delle vignette sulla vita civile del tempo di guerra e poi le vendeva in una cartoleria del centro.
Patrizio Longo: Gli anni 50 segnano l’avvento della televisione e quindi grandi investimenti che si fanno per diffondere l’utilizzo del mezzo. In questo momento tuo papà chiude la collaborazione con Pupilandia ed inizia a disegnare per lo storico Carosello. Raccontiamo della linea, questa linea tratteggiata ed infinita che metteva in mostra l’italiano medio di fine anni 60?
Sergio Cavandoli: Sì, l’italiano medio di fine anni 60 è anche un po’ il carattere di mio padre comunque, perché lui era una persona così, a lui non piacevano i contrattempi, non piacevano le cose complicate, le complicazioni della vita insomma e quindi probabilmente nel personaggio lui ha trasferito questo suo carattere probabilmente.
Patrizio Longo: Ho letto che le prime animazioni erano senza il sonoro, solo dopo venne dato l’incarico a Carlo Bonomi tramite di Nino Besozi che accompagnerà questo percorso fino alla fine. Come è avvenuto l’incontro se lo ricordi tra Osvaldo e Carlo e dove la scelta appunto di dare una voce?

Sergio Cavandoli: In realtà il personaggio non è mai stato senza voce, ma proprio in fase di creazione c’è stato questo dubbio sul sonoro. Prima pensavano di fare dei contrapunti musicali a seconda di quello che succedeva sulla scena, ma poi diventava complicato perché bisognava comunque convocare i musicisti nel mixaggio e diventava una cosa complicata. Allora hanno indetto un casting dove alcuni doppiatori sono presentati e ognuno ha proposto la sua idea.
Quando è arrivato Carlo Bonomi hanno visto il personaggio, hanno sentito la sua performance e hanno detto lui è questo, è questo e così si sono accoppiati in questo modo il personaggio e la voce.
Patrizio Longo: Stiamo raccontando di televisioni di quella televisione che ha gli arbori della pubblicità attraverso il media e lo facciamo tramite Sergio Cavandoli che ci sta raccontando delle creazioni di suo papà Osvaldo. Il pubblico rimane spiazzato da questa linea. Che ricordi hai di quel periodo, come viveva un ragazzo quel periodo?
Sergio Cavandoli: Ricordo che avevo 18 anni, mio padre viene a casa e mi racconta che gli era venuta quest’idea. Naturalmente per me avere un padre che faceva del film d’animazione era un vanto a scuola, tutti mi guardavano con molta invidia. Viene a casa e mi dice mi è venuto in mente di fare un personaggio semplice, una linea che si muove, ma la mano del creatore, la mia mano deve essere il secondo personaggio, il Deus ex machina che gli crea problemi e gli risolve dei problemi.
Infatti così è iniziato a fare questo personaggio, perché a lui piaceva molto l’animazione, lui diceva più ci sono dettagli e più mi frena nel disegno, mi frena la morbidezza dell’animazione, la loro caratteristiche, l’animazione sciolta, infatti togliendo tutte quelle cose che potevano essere superflui, come i capelli, gli occhiali, i vestiti, questo personaggio non ha neanche gli occhi e quando sta zitto non ha neanche la bocca, per cui anche i suoi colleghi dicevano tu sei matto, come fai a animare una roba del genere, come fai a dargli le espressioni?
Invece con il movimento, col suo modo di animazione era riuscito a dare anche a volte un umorismo ancora più sottile col movimento a questo personaggio. Io sono rimasto sempre molto incantato da come lui riusciva ad animare il personaggio ed è anche per questo che io ho lavorato con lui, ma molto poco, nel senso marginalmente, perché ho sempre pensato che se avessi animato io il personaggio l’avrei denaturato, non sarebbe stato più lo stesso.
Patrizio Longo: Riprendiamo dal Deus Ex Machina, nelle animazioni di linea troviamo, verso la fine insomma di questo percorso creativo, l’intrusione di una mano, un passaggio chiaro dalla bidimensionalità alla tridimensionalità, ma anche il segno di un maggiore contatto con la realtà. La mano, quella di un creatore?
Sergio Cavandoli: Sì, la mano era comunque quella di mio padre, a volte era anche la mia, perché durante la ripresa la mano poteva essere chiunque, non doveva disegnare, il disegno era già fatto.
Sì, la mano è praticamente il destino, piuttosto che i casi della vita, piuttosto che tutto quello che può succedere, la mano del creatore, diciamo, il creatore nel senso abbastanza laico, diciamo, lasciamo perdere, diciamo altre cose. Direi che comunque i due personaggi sono essenziali, tutte e due, non è solo la linea, c’è anche la mano che dà il suo contributo molto molto importante nella storia e nelle gag.
Patrizio Longo: 1977, Carosello chiude i battenti ed in questo momento per il Cava inizia un periodo di ricca produzione artistica. Mr. Linea, protagonista di un programma tutto incentrato sul personaggio, le prime disavventure, ma questo non in Italia, perché la pubblicità nel frattempo era stata acquisita dalla linea come brand ambassador per il marchio Lagostina e la televisione di Stato teme la possibilità di fare della pubblicità in diretta e quindi bandisce questo progetto, cosa che non accade invece per Calimero, ma quella poi è un’altra storia. Adesso raccontiamo di un progetto che hai portato avanti e che sei riuscito ad attuare, quello appunto della fondazione.
Sergio Cavandoli: La fondazione veramente ancora non c’è, però io ho cominciato, avendo ereditato l’archivio, ho cominciato a fare ordine nell’archivio, ho cominciato anche a restaurare e mantenere vivi tutte le attrezzature che alcune a volte sono anche degli anni 50, quando mio padre ha iniziato con i pupazzi animati prima del disegno, subito dopo Nino e Tony Pagot, ma ho visto che ha avuto molto successo, io pensavo di smantellare tutto lo studio e creare qualcosa per il mio lavoro.
In realtà poi quando è stato il momento di spostare solo la scrivania dove mio padre aveva inventato la linea, non ce l’ho fatta e abbiamo deciso di fare una specie di museo, è ancora un progetto che ancora adesso io sto cercando di fare ordine sulle pellicole, sulle tavole perché mio padre in quello studio ci ha vissuto dal 1950, non si è mai spostato, per cui tutto quello che c’era è rimasto, non c’è mai stata una cernita del materiale, quindi digitalizzare, bisogna digitalizzare tutte le tavole, tutti i disegni.

Bisogna capire cosa c’è, mettere tutto in ordine, è un po’ complicato, siccome sono da solo perché mi piace molto questo lavoro fatto da solo in omaggio a mio padre, compresa anche la muratura, me lo sono sistemato tutto io, perché anche mio padre faceva tutto per conto suo, cercava sempre di quello che poteva fare, lo faceva lui con le sue mani e così anch’io ho fatto.
Adesso abbiamo aperto lo studio insieme a questa associazione delle compagnie malviste che mi ha dato e mi sta dando una mano eccezionale per indire e per organizzare queste visite dove io parlo di mio padre, dove io parlo del film d’animazione fatto con la mano, con la matita, con i fogli, con la pellicola, che si sta perdendo perché vedo che anche molti ragazzi, ma non solo ragazzi, anche persone di una certa età che conoscono la linea, non sanno però essendo avendo lavorato in ambienti differenti, non sanno come veniva prodotto un film, due minuti di film d’animazione, vedo che è interessante e per cui continuo aprendo lo studio a 10, 15 persone alla volta perché lo studio è piccolino, non è che poi in questi casi, in queste epoca di pandemia non posso creare affollamento e faccio vedere tutte queste cose e pare che sia molto interessante, le persone vengono volentieri.
Patrizio Longo: Sergio prima di salutarci mi farebbe piacere se potessimo da uno di quei tanti cassetti che immaginiamo di quelle tante tavole tu magari riprendessi per un attimo il tratto della linea e come racconterebbe lo scenario devastante, assolutamente anacronistico. Faccio riferimento purtroppo alla guerra in corso che tutti noi in modo sbigottito stiamo assistendo a questo, ripassami il termine, crimine dell’umanità.
Sergio Cavandoli: Sì, c’è un filmato fatto un bel po’ di decine di anni fa dove proprio parla della guerra e alla fine finisce con questi due personaggi, due linee, sono due linee che prendono il carro armato e si scontrano uno contro l’altro, litigano e a un certo punto però compare la colomba della pace e loro la guardano sorridendo, questo è un augurio perché in realtà la linea che fa queste cose fa anche ridere, ma c’è poco da ridere con quello che sta succedendo in questi tempi di guerra molto cruenti e molto dolorosi per la popolazione, per cui direi che forse non è il caso di citare una tavola del genere insomma, ecco direi così e spero questo sia un augurio a colomba della pace sopra due carri armati che ormai non riescono più a muoversi.
Patrizio Longo: E l’augurio che facciamo tutti affinché insomma questo momento finisca quanto prima. Grazie a Sergio Cavandoli per aver raccontato questo pezzo di storia del nostro paese, grazie Sergio per averci accordato questo incontro, grazie veramente.
Sergio Cavandoli: Grazie a voi.
Foto e Video: Archivio Sergio Cavandoli
Bellissima intervista, non banale, approfondita e ben informata. Complimenti !