Come nasce collaborazione artistica con Davey Ray Moor leader dei Cousteau e produttore di Cristina Donà?
L’abbiamo conosciuti al Giffoni Music festival, in Campania. C’eravamo noi e la Donà in cartellone, e lui era aggregato alla band di Cristina. A fine serata ci fa i complimenti, dice che la versione di Alison di Costello sentita nel soundcheck gli è piaciuta un sacco. Noi gli mettiamo in mano le mattonelle incellophanate della nostra discografia, chiedendogli di darci un parere. Una settimana dopo Davey ci manda una lunga email di commenti, molto interessanti e approfonditi. E’ cominciata così: dopo quella email ce ne sono state altre, e alla fine ci siamo ritrovati a lavorare insieme…
Il vostro background musicale chi sono stati i vostri “idoli”?
Avevamo quindici anni nell’’87. Abbiamo cercato di costruirci un’identità crescendo a Clash, R.e.m., Pixies, Joe Jackson, Elvis Costello, Cure, Xtc, Paul Weller, Beatles, Stones, etc. Erano anni davvero deprimenti, il rock li ha resi accettabili.
Il primo singolo dal nuovo album si intitola “L’antidoto” da cosa dovremmo salvarci?
Da questo governo, anche se il testo non parla di questo. E’ una storia di amore malato, come capita a tutti, prima o poi…
Favorevoli o contrari al P2P (lo scambio di musica free attraverso internet)?
Favorevoli, purché sia regolamentata.
L’origine e la scelta di un nome singolare Mambassa?
Intanto si scrive Mambassa, con due emme. Sono nove anni che lo portiamo, ormai ha poco senso risalire alle ragioni di quella scelta, è diventato come un nome proprio, per noi: non connota più. Lo scegliemmo perché rappresentava bene la nostra voglia un po’ guascona di spaccare, credo.
Un aggettivo per descrivere il vostro nuovo lavoro?
Intenso.
Avete un sito internet?
www.mambassa.com