A volte la passione verso un’Arte nasce ancora prima di apprenderne il metodo, come dire che è qualcosa di istintivo, strettamente legato alla persona.
Raccontando di sé dichiara: «Ho sempre fatto musica, ancora prima di saper suonare, quando imitavo i Beatles sui banchi di scuola con squadra e riga al posto di basso e chitarra. Ho cominciato a suonare la chitarra a 13 anni, e non ho mai smesso.»
Al microfono di Patrizio Longo incontriamo Alberto Arcangeli per raccontare di questa passione, bentrovato?
Bentrovatissimo, grazie!
Un’attrazione senza fine potremmo definire la tua passione per la musica?
Direi proprio di si. Da piccolo giravo sempre col mio mangiadischi arancione e la scorta di 45 giri appartenuti a genitori e zii; persino le foto della prima comunione mi ritraggono invariabilmente con le cuffie ad ascoltare musica. Ricordo benissimo anche cosa stavo ascoltando: Help e Revolver dei Beatles.
Raccontaci di Dreamsongs, un Ep in attesa di un cd di soli inediti?
Dreamsongs è nato un po’ per caso, un po’ per opportunità. Era da tempo che avevo in mente di reinterpretare alcune canzoni che mi piacevano fin da piccolo: Tobacco Road dei Nashville Teens, ad esempio, era in una raccolta che i miei genitori mi avevano comprato quando avevo 9/10 anni. Così ho pensato ad un progetto che avesse la forma di una “archeologia musicale”, la riscoperta di qualcosa di bello che già esisteva ma era stato, per qualche ragione, dimenticato. Ho quindi scelto cinque brani che avessero la caratteristica di essere molto belli, ma anche pressoché sconosciuti. Gli inediti, poi, sono venuti di conseguenza, semplicemente me li sono ritrovati in mano, in parte grazie alla scelta della lingua inglese: Touched by a cloud, ad esempio, era una canzone che avevo accantonato, perché in italiano mi pareva irrealizzabile e in inglese invece era perfetta. Alla fine, sono arrivato a preferire i pezzi originali alle cover, ed ho deciso di farne un EP da pubblicare.
Cosa ritrae la copertina del cd?
Il disegno del cavallo col cuore che corre è di mio padre. L’ho scelto perché, oltre a trovarlo bellissimo, ha un ché di gioioso e sognante. Avendo in scaletta Dream Song, il titolo dell’album è venuto di conseguenza.
Un lavoro in free download, una scelta voluta?
ùImprescindibile, direi: a che pro mettere in vendita un prodotto per il quale ancora non vi è ancora alcuna domanda? Credo che, se non avessi messo la mia musica in download gratuito, quasi nessuno ne sarebbe venuto a conoscenza. D’altronde, non faccio musica pensando ad un eventuale guadagno, i miei sforzi sono ripagati quando sono contento di quello che ho fatto, e se qualcuno ascolta quello che faccio e gli piace, oppure vuole farmi una donazione o acquistare un CD “fisico”, con tanto di copertina e tutto il resto, tanto meglio, vorrà dire che sarò ancora più contento.
Il tuo precedente lavoro: Sette gocce di liquido lunare in cosa differisce rispetto a Dreamsongs?
Ovviamente, la lingua è il primo fattore differenziante: la scelta di cantare una canzone in inglese o in italiano cambia drasticamente anche la forma e il suono della musica che la circonda. Oltre a ciò, Sette gocce di liquido lunare non era un vero e proprio album, ma una raccolta di canzoni scritte dai 19 a 30 anni circa, quindi piuttosto eterogenee. Non avevo mai realizzato un album di soli pezzi miei, così mi sono dedicato un auto-greatest-hits (ride, ndr). Sul mio blog, da qualche parte, ho scritto la genesi di quelle canzoni e l’età a cui ciascuna è stata scritta.
Il brano è stato anche utilizzato come base per uno spot pubblicitario?
Devo dire che, inizialmente, quando mi hanno contattato chiedendomi se ero disposto a cedere i diritti di Dream Song per una importante campagna pubblicitaria, ero piuttosto scettico, e lo sono stato per mesi, fino quando, alla firma definitiva del contratto, mi sono dovuto arrendere all’evidenza. L’abitudine a vivere in un paese che raramente premia il merito probabilmente mi ha condizionato: in Italia, se non hai dietro una grossa casa discografica, non finisci in una pubblicità con un tuo pezzo; e se ti capita, sei pagato una miseria (addetti ai lavori mi dicono che pur di non pagare, spesso ti copiano la canzone, ed è finita lì). Insomma, sono rimasto stupito di essere un’eccezione, ed ora la pubblicità è in programmazione in tutta Europa, Russia e Sud Africa.
È la prima volta che sperimenti la scrittura di brani in inglese, quali le difficoltà incontrate?
Al principio, ho avuto un senso di liberazione. Tutte quelle parole che finiscono con una consonante sono un sogno, per chi è abituato ad usare l’italiano. “Rock’n Roll” non ha sette consonanti e solo due vocali per caso. Per contro, il fatto di non scrivere nella mia madrelingua complica le cose sotto altri aspetti: la scrittura è meno intuitiva e spontanea, e c’è il rischio di ripetersi e scrivere cose banali, se non si presta attenzione. In genere, scrivere un testo di media lunghezza mi richiede almeno due mesi di lavoro, e non è raro che, a canzone già registrata, mi accorga di qualcosa all’ultimo momento e ricanti qualche parola qua e là.
C’è un aneddoto legato ad un brano?
Dream Song si chiama così perché l’ho realmente sognata. Mi sono svegliato nel cuore della notte e l’ho subito cantata nel registratorino che tengo sempre a portata di mano. Non solo, avevo anche sognato gli accordi. Naturalmente, mi riferisco alla musica, il testo ha richiesto ben più tempo e impegno. Ho finito per dedicarla a un grillo adolescente, Gerald, che ho conosciuto tempo fa. Stava sul mio davanzale e si esercitava a frinire. L’ho chiamato così, in onore del topolino di Syd Barrett (quello di Bike).
Progetti per il futuro?
Sto completando le registrazione del nuovo album, che uscirà, sempre in download gratuito, a maggio 2011, e che si chiamerà Pop down the rabbit hole. Mi sembra un bel nome per un album che esce in primavera. A marzo presenterò in anteprima la canzone Wheels and love, accompagnata da un video in animazione realizzato da Massimo Ottoni, un artista straordinario, che si è diplomato all’Istituto d’Arte di Urbino, e che ha collaborato con alcuni fra i più importanti musicisti jazz italiani. Poi si vedrà.
Foto: Archivio Alberto Arcangeli