Nel precedente incontro raccontavamo della passione, quella che ti impegna per ore senza mai avvertire la stanchezza.
Un nuovo appuntamento con Alberto Arcangeli che ha da poco pubblicato il suo nuovo lavoro: Pop Down The Rabbit Hole.
Al microfono di Patrizio Longo incontriamo Alberto Arcangeli, Bentrovato?
Ciao Patrizio, ben-ritrovatissimo!
Quale l’essenza contenuta in questo nuovo disco?
Be’, io cerco di fare belle canzoni. Questa è la sostanza. Ho una mia idea su cosa sia bello, e ho la ferma convinzione che qualcosa di bello debba necessariamente nascere da un atto spontaneo. Poi ci si può lavorare sopra, migliorarlo e raffinarlo, ma se non colgo lo slancio iniziale (in quello che faccio, ma anche in quello che fanno altri) difficilmente riesco ad apprezzarlo. Quindi l’essenza è: ho qui dieci nuove canzoni che a me piacciono tantissimo, spero che piacciano anche a chi si appresta ad ascoltarle.
Nel Cd c’è un brano Wheels and Love che è risultato vincitore del festival Anima Mundi. Raccontaci l’emozione di quei momenti?
Quello che è successo col festival Anima Mundi è singolare: io ho sempre pensato, non so per quale ragione, che l’avremmo vinto. Quindi, quando è realmente successo, ho avuto una sorta di moto interno del tipo “oh ecco, vedi che avevo ragione?”. Se non fossimo stati selezionati, invece, ci sarei rimasto malissimo! Cosa che non mi è successa con altri Festival, ad esempio, nei quali siamo entrati nelle selezioni finali, ma non ho mai avuto particolari aspettative circa l’esito. La cosa più bella, però, è stato vedere il video apprezzato un po’ ovunque, indipendentemente da riconoscimenti ufficiali.
Com’è stato creato il video?
Ho subito pensato che Wheels and Love fosse adatta ad essere accompagnata da delle immagini, ma non volevo che fossero il classico video “pop”, piuttosto mi sarebbe piaciuta un’opera artistica; non un’appendice alla musica, ma qualcosa che potesse vivere di vita propria. Conoscevo Massimo Ottoni (che ha diretto e realizzato il video) perché studiava animazione ad Urbino, dove io sono nato e cresciuto. Mi piacevano tantissimo i suoi lavori, ed essendo ormai diversi anni che non lo vedevo, sono andato a cercarlo su internet e ho visto che faceva ancora cose bellissime. Così, ho pensato di inviargli una email, con la canzone e qualche parola sul progetto. Da lì è nata la collaborazione e la sua idea di realizzare un’animazione ad olio su vetro (paint-on-glass).
Definisci il tuo lavoro Pop Down The Rabbit Hole come insostituibile compagno di viaggio? Quali i requisiti?
È ascoltandola viaggiando in macchina che capisco se una canzone va bene, se deve essere cambiata e di cosa ha bisogno per migliorare. Quando un giorno ho letto su internet che qualcuno aveva consigliato il mio album come un “ottimo compagno per lunghi viaggi”, mi sono detto che forse questo mio testare le canzoni in macchina le condizionava realmente, e le rendeva effettivamente adatte ad accompagnarci in viaggio. Ma vanno bene anche stando fermi, eh.
Adesso parliamo del packing. Quale l’ispirazione?
La copertina e gli interni sono sempre un affare di mio padre e mia sorella, entrambi bravissimi grafici e disegnatori. Ogni volta li faccio disperare perché, fino a poco prima di terminare l’album, non so mai quale sarà il titolo, ma nemmeno quante e quali canzoni ne faranno parte. Così, conoscendo entrambi bene la mia musica, mio padre si era avvantaggiato disegnando la figura in primo piano che fuma, e mia sorella impaginando gli interni e il retro, ma hanno dovuto attendere l’estate per poter aggiungere il bellissimo coniglio che si infila nella tana, che è il riferimento diretto al titolo del CD (a sua volta mutuato da “Alice nel paese delle meraviglie”).
Il tuo album, oltre ad essere in download gratuito in formato mp3, è in vendita on-line a soli 2$ (meno di 2€), non credi che questa possa essere considerata una sorta di “concorrenza sleale” da parte di altri musicisti indipendenti come te?
Credo che per poter parlare di concorrenza, occorre prima che ci sia un mercato, e un mercato per i CD degli artisti emergenti e/o indipendenti, purtroppo, non esiste. Non esiste quasi più per molti artisti affermati, se è per questo. Quindi no, non credo che ciò influenzi in alcun modo la visibilità di altri. Rispetto la scelta di chi decide di mettere in vendita i propri lavori a prezzi ritenuti “congrui”, ma nel mio caso non mi pareva si adattasse.
C’è un brano del CD a cui sei particolarmente affezionato?
Certamente, la title track, Pop Down The rabbit Hole. stato il pezzo più difficile da realizzare, sia per quanto riguarda la musica, sia per il testo, e più volte ho pensato di abbandonarlo. Ho impiegato circa un anno e mezzo per portarlo a termine (Wheels and Love, ad esempio, l’ho completato in pochi giorni), cambiando gli arrangiamenti, aggiungendo e togliendo cose, ma proprio non voleva venire! Quando poi si è sbloccato, è diventato il mio preferito.
Tu fai tutto da solo: componi, arrangi e suoni tutti gli strumenti. Hai mai pensato di serviti di una vera band per realizzare la tua musica?
Ci ho pensato più di una volta. Con Border of Nowhere ci sono andato molto vicino. Infatti, quel pezzo è stato registrato praticamente “live” da me (chitarra acustica e voce), Paolino Tomatis (chitarra acustica e voce) e Giuseppe Minaudo (batteria). Il resto degli strumenti li ho aggiunti in seguito, sovraincidendoli. Credo che, sotto certi aspetti, questo porti una ventata di freschezza e novità in un punto in cui gli album (mio compreso), rischiano spesso di stancare, o peggio, di annoiare. Non escludo che questa cosa possa ripetersi in un futuro, anzi me lo auguro. Però, da una parte a me piace la dimensione eremitica del rinchiudersi in uno studio da soli, e dall’altra sono consapevole del fatto che organizzare e tenere unita una band richiede un impegno, soprattutto di tempo, che non so se sarei in grado di garantire.
Foto: archivio Alberto Arcangeli