Uno spirito “migrante” che la porta a vivere fra la Sicilia e Berlino stabilendo una quasi perfetta antitesi fra tradizione e progresso. Questa la sintesi che racconta il lavoro di una donna catanese che ci racconta di Cuoresenza (2011 – Trocadero).
Al microfono di Patrizio Longo incontriamo Etta Scollo, bentrovata?
Non ho un buon orientamento, ma il perdersi è forse l’occasione per ritrovare ciò che si credeva perduto per sempre.
Un disco raffinato, un puzzle, un monologo che racconta dell’amore nelle sue tante sfumature?
Racconta un modo di sentire e vivere l’amore in maniera personale, sempre in cambiamento, dove ogni brano rappresenta una faccia di questo amore, che esso sia ironico o melanconico.
In Cuoresenza si tributano grandi maestri italiani da Mina a Modugno passando per Battiato?
Si, è anche un omaggio ai grandi interpreti e autori della canzone italiana, con un occhio particolare a quelli degli anni sessanta, che sono stati gli anni della mia infanzia, e un orecchio a captare le sfumature più emozionanti e centrate sul tema dell’amore, come in La cura di Battiato.
Anche una cover straniera: Der Novak di Cissy Kraner scelta per quale motivo?
È una canzone buffa, assurda, che racconta di una donna che vuole fare follie ma il suo amante la protegge da se stessa. L’ho scelta perché mi ricorda i miei anni viennesi, in una città tra tradizione e sregolatezza.
Etta hai conseguito il diploma di maturità artistica e successivamente deciso di migrare. Ci spieghi questa scelta di vivere in realtà così distanti fra loro come la Sicilia e Berlino?
Più che una scelta, diciamo che è stato il caso a farmi scoprire l’Austria e poi la Germania. Ho sentito di trovarmi bene in questi paesi, che per certi versi mi hanno aiutata a crescere e maturare. Che con la loro efficienza organizzativa mi hanno dato la possibilità di concretizzare progetti pensati e maturati in Sicilia, dove la mia creatività trova spazio e tempo. Direi che queste due realtà così distanti e diverse, riesco insieme a dare equilibrio al mio modo di vivere.
Rileggendo il tuo percorso si evince che sei alla ricerca costante per la rilettura della tradizione popolare. Cosa ti incuriosisce del passato?
Mi interessa conoscere la storia del paese dove sono nata e vissuta. Sento che quel passato mi appartiene. Mi affascina il canto modale di certi paesi dell’entroterra così come la musica romantica (e poi contemporanea) che ispirata da questi canti, l’abbia rielaborata armonicamente e reinserita in un processo culturale nuovo. La congiunzione tra popolare e colto sono, credo, le basi del naturale processo evolutivo dell’umanità.
A chi dedichi questo lavoro, con quale idea è stato progettato?
Dedico questo lavoro a tutti coloro che non smettono mai di farsi domande sull’amare, di mettersi in discussione e spesso “a rischio”, quando un rapporto amoroso si è sedimentato sulle comodità e le abitudini, dando per scontato che esso vivrà in eterno. L’unica cosa che vive in eterno è il cambiamento. Esso non lo si può evitare, lo si può soltanto accogliere come l’occasione per crescere. L’idea è nata dalla fine di una mia lunga storia personale. Essa è stata l’occasione, davvero inaspettata, di una nuova felice rinascita, di una nuova chance, che altrimenti non avrei preso mai in considerazione.
Hai un tour in programma? Sono in tournée tra ottobre e novembre con date in Germania e qualcuna in Svizzera.
Di artisti sulla scena internazionale quali i tuoi ascolti? Ascolto musica classica, Arvo Pärt (che tra l’altro vive a Berlino), del jazz mi piace Markus Stockhausen (che ha collaborato con me nel mio precedente lavoro). Mi piace sempre Meredith Monk che ascoltavo già negli anno ottanta. Nella musica pop apprezzo alcune delle nuove cantautrici come la francese Camille.
Saluti da Berlino
Foto: Geboren Thielsch