Un’avventura che non si “limita” al registro musicale ma che spazia collaborando con scrittori, poeti alla presentazione dei romanzi di Fabio Geda e come supporto a reading, manifestazioni di piazza e mostre d’arte.
Al microfono di Patrizio LONGO incontriamo Les SansPapier. Bentrovati.
Bentrovati a voi…
Un’avventura musicale che abbraccia l’arte in tutte le sue sfaccettature?
Diciamo che la musica è un terreno d’incontro perfetto per diversi linguaggi artistici, come hanno già detto personaggi ben più famosi di noi. In particolare l’incontro tra musica e letteratura è scritto nel DNA del gruppo: da questo nasce il tentativo di un linguaggio musicale in bilico tra il cantautorato (più attento alla cura dei testi) e la world-music (o etno-music, o folk-music che dir si voglia), in cui la parte strumentale assume un’importanza primaria.
Si avvia il “play” ed inzia a suonare Aperitivi All’Anice. Un lavoro che tra sfumature si jazz, rifiniture barocche e ritmi folk. Com’è nasce l’idea di scrivere un cd così variegato?
Questo nostro primo cd, come spesso capita agli album di debutto, è il risultato di un percorso durato almeno tre anni. Alcune di queste canzoni sono nate praticamente insieme al gruppo (è il caso di Le quartier o Pasitos) e sono cresciute con noi, a volte cambiando decisamente arrangiamento, altre volte mantenendo la loro atmosfera iniziale. Dunque l’ecletticità della nostra musica deriva anche dall’entusiasmo con cui ci siamo buttati in questo progetto. Certo è che risulta impossibile racchiudere la musica dei Les Sanspapier in un genere preciso: siamo “clandestini” per vocazione anche da questo punto di vista, non crediamo alle barriere che separano un tipo di musica da un’altra.
Diverse le sfumature dalla scena musicale francese che in qualche modo fa parte del vostro percorso. Quando vi ha influenzato nella melodia?
Moltissimo, direi anzi che questo è stato il punto di partenza. I modelli che avevamo in mente durante la composizione erano infatti per lo più gruppi francesi: innanzitutto i mitici Les Negresses Vertes, poi band attuali come Les Ogres de Barback, Debut sur le Zinc, Les Tetes Raides…una scena musicale fiorentissima oltralpe, di cui però in Italia si sa poco o nulla. Tornando alla melodia, è tipico di questa scena musicale, ad esempio, costruire il ritornello sugli stessi accordi della strofa, cambiando dunque la linea melodica, non l’armonia sottostante (il pop italiano, invece, cambia proprio gli accordi). Ascoltando il nostro cd, si nota che abbiamo scritto i pezzi “alla francese”.
Aperitivi All’Anice è un cd dalle sonorità limpide. Una scelta voluta quella di avere partiture stilisticamente “pulite”?
Forse, più che voluta, dovuta! nel senso che negli oltre 100 live che abbiamo affrontato in due anni, ci siamo presentati con un’attrezzatura quasi unplugged: niente effetti elettronici, chitarra acustica, ogni strumento con il suo suono “naturale”. anche questa impostazione arriva dalla musica francese di cui parlavo prima: alla base c’è l’idea che dovunque ti capiti di suonare, su un palco ben attrezzato oppure in mezzo a una strada, la tua performance possa essere sempre al massimo livello. tutto ciò è molto zingaro, molto bohemienne…molto sanspapier!
Un crssover di stili che guarda anche ad un’Italia che ascolta Sergio Caputo di Un Sabato Italiano?
Bè, la lista potrebbe essere infinita. mi concentrerei però sulla musica italiana, e dico allora Mau Mau (torinesi come noi), forse il gruppo nostrano più vicino alle nostre sonorità (insieme alla Bandabardò). in qualche recensione al disco è spuntato anche il nome di Vinicio Capossela ma, almeno per quanto mi riguarda, è stato più un fantasma da esorcizzare che un modello (nel senso che Capossela mi sembra uno di quei grandi artisti inimitabili, anzi, imitando i quali è facile cadere nel ridicolo!). Di Caputo ho sempre amato i testi, mi piace la sua attitudine giocosa, il suo sguardo dolceamaro sulla realtà. e forse sì, in questo ho cercato di seguirlo.
Foto: Archvio band