Alessandro Errico & Mauro Di Donato portavoce di SoneTsenZ fra Rock & Psichedelie per raccontare il “Volume 1”.
Cosa significa SoneTsenZ?
Alessandro Errico: Quello che vorrei passasse con questo nome, essenzialmente è un suono più che un concetto.
Ciò non toglie che ci sia un processo dietro, magari una implicita poetica (che naturalmente non può e non deve essere “dichiarata” ma dovrebbe, appunto, “passare”). Da un punto di vista strettamente filologico, il nome è una crasi che si fonda su un regesto puramente letterario e in La Ripresa del Gesto (che chiude il «Volume 1») questo processo è anche “visibile”, anche se (a confermarti quanto sia “superfluo”) alla fine ne rivoltiamo dialetticamente il senso.Alessandro Errico e Mauro Di Donato quali le vostre esperienze musicali?
Alessandro Errico: Beh, restando alla dimensione “musicale” (quindi non ne considero qui le conseguenze “commerciali”), ti potrei dire che circa una decina di anni fa avrei partorito due dischetti e circa una ventina di canzoni che alcuni hanno definito “pop”, altri “cantautorali”, senz’altro due dischi molto più complessi del modo in cui sono stati proposti (come vedi, nonostante le intenzioni, scindere l’esperienza musicale” dal “mercato” è davvero impossibile).
Mauro Di Donato: Finora ho lavorato nell’ambito del rock indipendente. Con il gruppo Ezra Winston, nei primi anni 90 abbiamo pubblicato due dischi che ebbero un certo successo nell’ambito del circuito progressive rock internazionale. Ancora oggi mi sorprende ricevere mail da appassionati sparsi in tutto il mondo. Soprattutto se consideri che all’epoca non avemmo alcun genere di promozione o quasi. Successivamente ho avuto esperienze in veste di produttore e nell’ambito della musica per la televisione. Ad ogni modo ciò che mi ha sempre interessato maggiormente è la fase della composizione musicale.
Cosa ricordi del periodo di “Il mondo dentro me” lavoro che ti ha portato a ricevere il disco d’oro per l’estate del 1996?
Alessandro Errico: In quel periodo vivevo tutto in modo molto, troppo convulso. La mia consapevolezza del qui-ed-ora era praticamente azzerata, tutto era funzionale, pragmatico, ogni evento era dipendente da un disegno più generale che evidentemente non ero io a controllare. Sicché posso dirti che, alla fine, ho poco da ricordare e tutto assolutamente “collaterale” al CD di cui parli: i riconoscimenti e i “grandi” palchi sui cui ho fatto cose ad esempio, ma anche le critiche (spesso spietate) e i silenzi tra queste e quelli.
Se doveste definire con un aggettivo questa vostra produzione?
Mauro Di Donato: Direi “intensa”.
Alessandro Errico: Oddio… proprio con un aggettivo? Come disse il saggio… “io odio gli aggettivi”… comunque, se proprio devo, allora esagero: “geniale”! (naturalmente non sì vede ma rido)
Mauro, cosa resta del periodo musicale degli anni ’90?
Se alludi alla scena prog direi che ormai si sia definitivamente estinta. Il prog era un genere discografico e la crisi del disco (inteso come supporto) ha contribuito a rendere le categorie tradizionali quantomeno obsolete. Se ascolti i discografici ti diranno che siamo in un periodo buio, io invece credo che questo sia un momento estremamente stimolante per sperimentare nuovi percorsi. Internet e gli attuali scenari della comunicazione globale offrono nuove possibilità di diffusione della musica, finalmente al di fuori delle categorie produttive imposte dai discografici.
Mauro hai l’insegnamento di Teorie e Tecniche del Cinema presso l’Università La Sapienza di Roma. Quanto si conciliano queste due professioni?
Il cinema e la musica sono le mie due grandi passioni e, ovviamente, sono felice di riuscire a praticarle entrambe, anche se non è sempre facile. Per la verità tendo a tenere separate le due cose il più possibile. Credo per una sorta di pudore. In effetti mi sento sempre un po’ imbarazzato quando in ambito accademico mi chiedono qualcosa circa la mia attività musicale e viceversa. E poi devo confessarti che ho sempre trovato molto divertente avere una doppia vita stile Jekyll e Hyde. Spero di riuscire a mantenere la situazione in equilibrio, sebbene gli sconfinamenti siano sempre più frequenti. Del resto, le voci corrono…
I vostri lavori su cosa basano le proprie metriche. Come nasce una canzone?
Mauro Di Donato: Può nascere in modi molto diversi. A volte si parte da un frammento e la canzone si sviluppa man mano attraverso un lavoro collettivo, a volte si parte da un’idea più strutturata e definita, come è accaduto, ad esempio, nel caso di Maniraptora e Scegli Me per quanto riguarda Alessandro o Lumina e Limina e Myself per quanto riguarda me. In ogni caso gli arrangiamenti, che poi costituiscono l’essenza del sound dei SoneTsenZ, vengono sempre elaborati da tutto il gruppo. Si tratta di un lavoro generalmente lungo e piuttosto graduale fatto di ripensamenti, limature e infiniti aggiustamenti. Come ho detto, io sono particolarmente interessato alla sfera compositiva e non mi occupo dei testi. Su questo lascio la parola ad Alessandro.
Alessandro Errico: In questi anni il mio interesse, quasi preminente, si è concentrato sul linguaggio (in genere: comunicazione e ricezione) sul non-detto dei testi, sul lavoro della lingua poetica, sulla retorica ecc. Arrivavo da un’idea della poesia molto comune, senz’altro aderente al poetese di sanguinetiana memoria. Il mio problema però era che le poesie che leggevo (e quindi, sopra tutto, quelle che credevo di scrivere), per qualche ragione astrale non bastavano e quindi non “funzionavano”. Cantare Il Grido del Silenzio o leggere Rimbaud, riempire i testi di citazione alte, metafore, o scoprire in un testo magari di un grande poeta come Zanzotto assonanze infinite non mi appagava più se volevo – come voglio – una poesia che agisca sull’ascoltatore, ‘che intervenga’ sulle cose e non si accontenti di cantarle. Iniziai così, sulla scorta di studi compiuti negli anni precedenti, ad arrampicarmi nei testi cercando in essi tutto ciò che vi era di velato, il loro “appello conativo”, i meccanismi che inconsciamente mi rendevano a loro “biologicamente connivente” anche se questo lavoro teorico, naturalmente, per me non è mai stato fine a se stesso: in un certo senso posso dire che mentre mi confrontavo con i testi che studiavo, con Gramsci, Zanzotto, i poeti civili, le forme d’espressione non propriamente letterarie (il cinema, altra mia minima ossessione), in realtà molto pragmaticamente cercavo l’innesco che porta una scrittura (qualsiasi essa sia, per parole o per immagini) dal dire al fare. La scrittura dei testi del «Volume 1» sorge da questa consapevolezza e condividerla con Marcello (Ravesi) ha implicato ovviamente un primo e propedeutico confronto sulle idee che progressivamente chiarivano il tipo di letteratura che volevo si adagiasse sulle melodie che intanto andavamo componendo. Ci scambiammo parole per un anno, poi cominciammo a scrivere insieme (il primo testo fu Kelly Watches the Stars seconda traccia del «Volume 1», non a caso il testo più esplicitamente politico del disco).
“Volume 1” è il titolo del lavoro. A rappresentare l’inizio di una serie di composizioni?
Mauro Di Donato: Spero proprio di sì!
Alessandro Errico: Titolo quanto mai caustico e promettente (o minaccioso a seconda di chi guarda). Ad onor del vero dobbiamo però anche dire che il titolo, come il resto, è parte di una pre-release che probabilmente (ma non saprei fino a che punto) subirà ancora evoluzioni quando in autunno entreremo in studio con Gianni (Maroccolo) per “chiudere” questo lavoro.
Sarete presenti alla Notte Bianca. Cosa vi aspettate da questo evento?
Mauro Di Donato: Abbiamo lavorato in studio per diversi anni, del tutto isolati e risoluti a proporre il nostro progetto soltanto quando fosse diventato sufficientemente maturo. Volevamo creare uno stile personale senza essere distratti da questioni pratiche che inevitabilmente emergono nel momento in cui si entra nella fase discografica di un progetto musicale. Questa pratica “eremitica” che ci siamo imposti ci ha concesso il lusso di dedicarci esclusivamente alle questioni artistiche tralasciando problemi di immagine, beghe contrattuali e obblighi di sorta che ci avrebbero distratti dai nostri principali intendimenti. D’altra parte, pur arrivando ad uno stato di assoluta convinzione circa i risultati ottenuti non avevamo alcuna idea di come il nostro lavoro sarebbe stato accolto. Questa è la motivazione che ci ha spinto ad esibirci senza avere ancora un disco in uscita. La voglia di confrontarci con il pubblico in modo disinteressato. E devo confessarti che il calore e l’interesse che abbiamo raccolto mi ha lasciato interdetto. Mi spiego meglio. Sono sempre stato consapevole del fatto che proponiamo una musica non propriamente commerciale. Eppure si è rivelata molto più fruibile di quanto avessi immaginato. Nel nostro ultimo concerto alla Galleria Alberto Sordi c’erano persone venute da ogni parte d’Italia, e vedere la gente sotto al palco cantare le canzoni attualmente scaricabili dal nostro MySpace, senza saltare neanche un verso, mi ha piacevolmente stupito.