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Siete un gruppo che ha viaggiato parecchio all’estero e che ha visto realtà diverse dalla nostra, ma musicalmente parlando lo scenario italiano a quale paese potrebbe guardare per migliorarsi?

Senza dubbio alla Francia. Un paese dove la passione per il rock e la musica straniera si coniuga da sempre con una grande attenzione e passione per le realtà nazionali. Da noi il “provincialismo” diventa “esterofilia” e può diventare ostacolo per chi cerca di fare musica.

C’è una traccia nel nuovo disco alla quale vi sentite particolarmente vicini. Se sì perché?

Tutte le canzoni che abbiamo inserito nell’album per noi sono ugualmente importanti, hanno passato la selezione di ben otto Ramblers! Personalmente, trovo che soprattutto le ballate siano significative di quello che attualmente la band può artisticamente raggiungere. Forse è l’età che abbiamo, ma mi sembra che l’esserci confrontati con atmosfere e ritmi più “larghi” e “rilassati” ci abbia permesso di realizzare cose davvero pregevoli. Almeno per il nostro interessato giudizio!

Nonostante i cambiamenti della line-up il vostro stile e il vostro messaggio sicuramente non hanno subito variazioni, anzi hanno contribuito negli anni a crearvi un’immagine tale da rendervi riconoscibili?

Lo crediamo. Possiamo dire che l’evoluzione dello stile, nel quale sono evidentissime le influenze e gli amori musicali, ha contribuito a rendere il nostro suono abbastanza “personale”.

Pensate che oggi ci sia un’artista o una band italiana o straniera che lascerà un impronta stilistica tanto forte da essere ricordata anche in futuro come rappresentante di questi tempi?

A ben pensarci, no. Sono effettivamente tempi difficili per il rock… lo dimostra il fatto che sono i vecchi “dinosauri” a richiamare ancora le folle. E difficilmente i nuovi artisti, anche quando raggiungono il grande successo, reggono alla distanza…

C’è un gruppo o un’artista ai quali guardate sempre con particolare ammirazione. Se si perché?

Bè, ce ne sono molti… i “mostri sacri”, per esempio, Dylan, Springsteen, Waits… Manu Chao e i Pogues, grandi amori che, nel caso di Terry Woods sono anche oggi diventate frequentazioni e collaborazioni. In Italia, Guccini, i Gang…

Oltre al tour i MCR hanno qualche progetto futuro?

Stiamo appunto lavorando con Terry ad un disco che verrà pubblicato sul mercato internazionale, attraverso accordi di licenza con etichette indipendenti. Si tratta di una sorta di raccolta, con vecchi brani riarrangiati e reinterpretati, talvolta cantati in inglese, più qualche inedito. Abbiamo già registrato parecchie cose nello scorso settembre e chiuderemo il lavoro a fine gennaio con una ulteriore session. Si tratta di una coproduzione col musicista dei Pogues, che suona e contribuisce agli adattamenti in inglese dei testi originali.

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