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AGGIORNAMENTO DEL 19/7/2010 L’appuntamento di domenica sera al Locus Festival con “il poeta in musica” Gil Scott-Heron, è purtroppo saltato all’ultimo minuto a causa della pioggia. Si recupera per fortuna stasera lunedì 19 luglio, sempre a Locorotondo e sempre in largo Mitrano alle 22. ***** Il suo è un altro dei nomi di primo piano del cartellone della sesta edizione del Locus Festival, la rassegna cominciata tra gli applausi sabato scorso con il concerto che ha celebrato l’incontro tra il trombettista Paolo Fresu, il pianista Omar Sosa e il percussionista Trilok Gurtu. Recentemente, dopo molti anni di silenzio, Gil Scott Heron è tornato sulle scene con I’m New Here, album che ha ricevuto il consenso entusiasta della critica internazionale. In questo lavoro, l’artista ha trovato una nuova dimensione musicale per le sue poesie, scegliendo un suono scarno, tremendamente efficace e imperniato sul contrasto emotivo tra la sua voce e sonorità legate anche all’elettronica. Il risultato potrebbe aprire una nuova fase della sua lunga e gloriosa carriera, che la ha visto coniugare con stile, consapevolezza e personalità gli aspetti più importanti del suono black (jazz, soul, funk) con la poesia. Tutta la scena hip hop e del “nu soul” deve molto a quello che è considerato il padre del rap. Nelle sue poesie, Gil Scott Heron, prima al fianco del tastierista e compositore Brian Jackson e poi come leader dei suoi gruppi, ha puntato il dito contro il razzismo della società americana e ha celebrato il jazz, il soul e il funk. La sua voce, le sue parole e la sua musica hanno segnato in profondità il patrimonio musicale e artistico African-American. Cresciuto a Jackson, Tennessee, terra di blues, Heron si trasferì a New York per completare gli studi universitari. Nel 1970, quando uscì il suo primo album, Small Talk At 125th and Lennox, il suo primo album, aveva già pubblicato una raccolta di poesie e due racconti. Arriveranno poi altri lavori di notevole profondità quali Pieces Of A Man, Free Will e Winter In America. Qualche anno dopo formerà la Midnight Band e soprattutto comincerà a collaborare con il tastierista, compositore e arrangiatore Brian Jackson, con il quale inciderà alcuni dei classici del suo imponente repertorio. Il nome di Gil Scott- Heron è legato a brani come The Bottle, The Revolution Will Not Be Televised (ripresa anche dalle LaBelle e citata più volte da maestri del rap come KRS- 1 e i Public Enemy), Home Is Where The Hatred Is (interpretata magistralmente da Ester Phillips) e Johannesburg, una delle canzoni simbolo nella lotta all’apartheid del Sud Africa. Negli anni ’80, Gil Scott – Heron, rotto il sodalizio artistico con Brian Jacskon, realizzò altri dischi fondamentali come Reflections e Moving Target. Un giorno Charles Mingus disse che tutti i musicisti jazz dovevano inchinarsi di fronte a Duke Ellington. La stessa cosa dovrebbero fare, nei confronti di Gil Scott Heron, la vecchia e la nuova scuola dell’hip hop e la generazione del nu-soul. Gil Scott – Heron ha mostrato la strada, unendo poesia e musica, rabbia e orgoglio. Il suo recente ritorno sulle scene è un vero proprio atto di giustizia nei confronti di un artista che ha avuto il coraggio di ricominciare da capo, trovando nuove ispirazioni. Non c’è dubbio: quello di domenica 18 luglio sarà un appuntamento da non perdere e un altro momento indimenticabile nella storia del Locus Jazz Festival. Fonte: Ufficio Stampa

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