E’ possibile parlare di Django Reinhardt senza alimentarne fatalmente il mito?
Questo libro ne ha tutte le intenzioni. Non si tratta, infatti, dell’ennesima biografia tendente al romanzo, né della solita rassegna più o meno impegnata dei brani registrati che finisce inevitabilmente per cadere nella retorica (quando è meno impegnata) o nel tecnicismo (quando lo è di più).
Si tratta di una riflessione generale sulla figura di Django Reinhardt, condotta attraverso un’indagine critica di quanto è stato scritto in merito agli aspetti più rilevanti della sua vicenda artistica. A fronte della tentazione agiografica di parecchi degli autori che si sono occupati di lui, questo libro si propone di rivendicare la possibilità (anzi, la desiderabilità) di un approccio laico e problematico al musicista Django Reinhardt, affinché il culto lasci spazio alla cultura. E si serve della storia come della filosofia, della semiotica come della psicologia, perché Django diventi finalmente oggetto di scienza.
Ma occuparsi di Django scientificamente significa non potersi esimere dall’affrontare le più sfuggenti questioni inerenti al jazz. Si può ben parlare, infatti, di un “caso Django Reinhardt”: c’è chi ha sostenuto che Django non facesse del jazz, chi riteneva che non avesse swing, chi lo ha definito un “incidente pittoresco”. Già, ma che cos’è il jazz? E che cos’è lo swing? Naturalmente, non si può nemmeno dimenticare l’estrazione zigana di Django Reinhardt: anzi, per aver mescolato la propria cultura di base con il jazz e la musica classica, c’è chi lo ha definito uno dei primi musicisti fusion. Così, oltre ad una verifica della sua relazione privilegiata con il jazz alla luce di una provenienza “altra”, si rende altresì opportuno riflettere sul rapporto di Django con la musica eurocolta.
Questo libro non ha peraltro la presunzione di risolvere l’intricatissimo “caso Django”. Intende semmai tracciare qualche percorso di pensiero, battere strade finora inesplorate, avviare una speculazione ad ampio respiro che possa finalmente render conto della complessità dell’oggetto.
Roberto G. Colombo, docente di Filosofia e Storia e apprezzato chitarrista jazz – «serio studioso della storia dello strumento, oltre che musicista» – è l’ideatore e l’animatore del progetto Stringology, che intende proporre una sorta di “riabilitazione” della chitarra quale strumento pienamente compartecipe all’evoluzione del jazz e tuttavia spesso trascurato dalla critica specializzata. Citato in diverse pubblicazioni sul jazz italiano, ha collaborato con le riviste Musica Jazz, Nerosubianco e Musica Oggi.
Pag. 300 (35 illustrazioni d’epoca)
Formato 15×21
Prezzo Euro 15,00
ISBN 978 – 88 – 8163 – 479 -8