Cinzia Leone sta per presentare in teatro “Outlet”, il nuovo spettacolo. Un’ottima occasione per incontrarla e ripartire da “Avanzi”, il fortunato programma televisivo che proponeva un nuovo modo di fare spettacolo nei primi anni ’90. Divenuto icona della
televisione del nostro tempo.
Cinzia oggi si propone fra cinema, teatro, tv ed internet. Di Recente abbiamo apprezzato la presenza dell’attrice al cinema nel film di Federico Zampaglione dal titolo “Nero bifamiliare” e in “Le ragioni dell’aragosta” di Sabina Guzzanti. Prima hai detto “di recente”: non puoi unire le due frasi. Devi cominciare un’altra frase per parlare di cose vecchie per non dimenticare i primi successi teatrali con “Polvere di stress”, “Stasera mi butto” e successivamente in Tv con “Avanzi”.
L’incontro ci permette di conoscere meglio le diverse sfaccettature artistiche e personali di Cinzia durante un percorso di vita dai tratti a volte non semplici.
Pronto?
No, Lia, mò devo fa l’intervista, devi stà zitta…
Pronto? Pronto?
Pronto?
Eccoci qui… allora, finalmente…
Allora, io poi… no, ho detto al cane de stà zitto, perché, ecco… e poi, se vuoi, io ti leggo, diciamo, la sintesi di Outlet che io ho… ho scritto…
Sì…
E quindi, se vuoi, che… cioè, non è proprio cortissima, però, insomma te la… se vuoi ti posso, ti posso dire questo… non lo so tu quanto tempo hai.
Io ho tutto il tempo che tu vorrai concedermi a tua disposizione.
Allora te leggo tutto il comunicato stampa, che c’entra, tutta la pagina, tanto è messa in maniera leggera, diciamo, non è messa… cioè, non è che ti leggo (adotta un tono serioso) “Il significato dello spettacolo è un significato…” capito, non è questo.
Cinzia Leone al microfono di Extranet, benvenuta Cinzia!
Benvenuti voi, benvenuti tutti, eccoci!
Ritorni in teatro con questo spettacolo, ed è stata un’ottima occasione per entrare, appunto, in contatto. “Outlet”, cosa vuol mettere fuori, Cinzia Leone?
Allora, io voglio mettere fuori che praticamente dentro non c’abbiamo un bel niente, ecco, detto in termini rapidi e sbrigativi. E che, in realtà, ci mettiamo molto… molto poco di nostro nella vita, per realizzare gli obiettivi nei quali crediamo, o che vorremmo che si realizzassero. Mentre invece la realtà è che se uno vuole ottenere i risultati, nella vita se deve impegnà. «Io voglio avè i sordi…» Lavora! «Io voglio diventà famoso…» Impegnati! Studia, fai qualcosa! Ecco, quindi, che è sacrosanto, voglio dì, che ognuno di noi abbia il desiderio di realizzare sé stesso al massimo, appunto, de apparì come a Madonna, agli altri e a sé stesso, è assolutamente sacrosanto. Per riuscire, però, a poter fare questo, bisogna… avere costruito qualche cosa che sia degno di essere guardato, sennò tu appari ma non se ne accorge nessuno, diciamo, ecco.
Nuova linfa vitale in questo spettacolo. Potremmo definirlo così: nuova linfa, nuovo nutrimento per il lato artistico di Cinzia?
Beh, guarda, io non so se addirittura… diciamo che io mi nutro della realtà e cerco in qualche modo di capirla, di comprenderla e, soprattutto, di restituirla agli altri in maniera leggera, comica, forse più sopportabile di quando la guardiamo in maniera cruda, e… rendendoci conto, a volte, delle nostre miserie, dei nostri limiti, delle nostre incapacità che sono anche quello assolutamente umane e comprensibili. Però, diciamo che io cerco di fare questo lavoro, che poi credo sia un compito artistico, di prendere la realtà nuda e cruda e di restituirla al prossimo, come se fosse un fiorellino, ecco. Con un sorriso.
Parlavamo di realtà, anzi, “parlavi” di realtà, ma Cinzia Leone quanto vive la frenesia del nostro tempo?
Si parla di società frenetiche, dove tutto avviene in modo così talmente tanto veloce ed immediato che a volte i sentimenti hanno difficoltà ad essere, come dire, assorbiti, metabolizzati.
Eh, certo, perché secondo me facciamo un sacco de cose, le facciamo molto in fretta ma nun famo niente! Questo poi è il punto fondamentale, perché qui ci agitiamo molto, ma non ci gustiamo niente di quello che facciamo, perché c’è un istanza molto… un po’ nevrotica, che è quella di fare il più possibile per avere la sensazione di essere molto vivi, e siamo molto vivi quando in realtà… siamo in contatto con le nostre emozioni, e sentiamo “veramente” quello che facciamo. Altrimenti rischiamo solo di fare finta di farlo, è un peccato, no? Perché invece quando è vero, diciamoci la verità, è una gran figata! In tutto, eh? Anche le parti dure, difficile della vita, però fanno parte della vita, e… e uno poi è spinto superarle, ad andare oltre.
A tuo avviso, in un certo senso, l’individuo, l’essere umano oggi, ha bisogno di spettacolarizzare la realtà per sentirsi vivo, come tu dicevi poc’anzi. Di sentirsi protagonista assoluto, cioè, uno è noto ed è qualcuno, altrimenti si è nessuno?
Bravo! Intanto hai detto una cosa giustissima che era poi, guarda caso, proprio l’argomento del mio spettacolo precedente, “Poche idee, ma molto confuse”, che in realtà poi è un aforisma di Flaiano, che io ho preso in prestito. Ed era il bisogno di spettacolarizzare la vita, molto più che di viverla, bravissimo! Io credo che in realtà, però, il fatto di spettacolarizzarla sia una forma, la posso dire la parola, molto paracula, per non rischiare, perché sai qual è il problema? Che a volte, quando tu ti metti alla prova rischi di scoprire un limite. Rischi di scoprire di essere magari un po’ incapace, oppure quanto meno di sentirci, e quello è un momento di dolore. Sinceramente uno cerca di evitarselo. Ecco perché pretende de apparì come la Madonna, ma senza essè stato votato, tanto meno da Dio. Perché in realtà è una soluzione… la soluzione di un bambino, è la magia, cioè adesso arriva la fata de Cenerentola, cioè er pusher de Cenerentola, quella che ha trasformato e rote in carrozza, i cani in cavalli, hai capito, il gatto in cocchiere, e fa la magia. Invece la cosa più bella, io credo che la vera magia della vita sia l’opportunità di poterlo fare “noi”, e non de vince all’enalotto. Poi se uno vince all’enalotto ben venga, io ni i butto se vinco, attenzione. Ma la sfida, quella che mi dà gioia, che mi da la misura di me stesso, è vincere la “mia” sfida. mettendoci dentro tutto quello che posso, per arrivarci, quello è un momento di felicità che non te lo può portare via nessuno. E manco lo devi mette in banca, quindi manco te fregano i soldi.
Posso permettermi di rivolgerti una domanda, forse un po’ troppo personale, alla quale naturalmente puoi anche non rispondere?
Certo che ti puoi permettere.
Parlavamo di sfide. Nella tua vita ci sono stati tanti momenti importanti, positivi, e anche alcuni momenti difficili. La più importante, dalla quale sicuramente ne sei uscita vincitrice, cosa ti ha insegnato?
Sì, è quello che sto dicendo agli altri. Io mi sono alzata da una sedia a rotelle, per un solo motivo: mi sono impegnata. Mi sono impegnata come un bue, cioè, ho lavorato, ma è stata forse l’avventura più bella della mia vita. Scusate, qui rischio di commuovermi, non ci posso fare niente. Però è tutta verità, quindi non mi vergogno… però è chiaro che dietro c’è questo, ma perché in realtà mi commuove l’esserci riuscita. Cioè, quello che mi fa venire da piangere ogni volta è l’idea di avercela fata, di aver quasi cancellato completamente qualunque segno. Attenzione, avendo avuto la fortuna immensa di poterlo fare, perché molti sono condannati loro malgrado. Ma io che ho avuto due emorragie celebrali e che in qualche modo avevo l’opportunità… perché il sangue non aveva lasciato delle lesioni definitive nel cervello, quindi il neurologo in America m’ha detto: «Tu puoi recuperare se vuoi, impegnati. » E io da quel momento non mi sono data tregua. E allora ho scoperto che possiamo diventare belli, addirittura belli, possiamo lavorare sul nostro corpo, possiamo… certo, bisogna avere fede in se stessi. Bisogna non smettere, e anche se è dura, bisogna ogni tanto farsi abbracciare da un amico, per chiedere aiuto.
Adesso parafrasiamo un attimo sulla realtà, e stemperiamo anche un attimo questo… questo momento. Il tuo aggettivo verso i reality?
Il mio aggettivo verso i reality è “finti”. Ma non i reality in assoluto: i reality per come vengono proposti, perché il reality in realtà a me sembra un ottimo meccanismo, ma non capisco perché non avere il coraggio di farli veri. Cioè, non scrivere le situazioni, non inventarti, non c’è bisogno di inventarti le prove, fai vedere veramente che cosa fa la gente lì. Se non hanno niente da dire, vuol dire che hai sbagliato persone. Cioè, mi piace l’idea di vedere delle persone, per esempio, su un’isola al di fuori di tutto. Si possono anche creare delle occasioni di prova, per carità, ma litigare per finta, e creare delle meccaniche finte, delle dinamiche finte, credo che non serva: siamo già pieni di fintume, già fingiamo con noi stessi, perché bisogna allontanare la gente da se stessa, invece di darle la mano e avvicinarla.
In questo momento, proprio in questi giorni, stai provando il… stai, come dire, ripetendo… si può dire “ripetere” per uno spettacolo?
Sì certo, sto ripetendo, studiando, capendo quello che ho scritto, pensa che arrivo a dirti.
Ecco, stai facendo tutte…
Sto capendo adesso quello che ho scritto prima. Stai facendo tutte queste cose perché il 26… il 26…Novembre.
Il 26 novembre partirà, appunto, la prima data di “Outlet”, il tuo spettacolo. Il ritorno in teatro di Cinzia Leone. Il “nuovo” spettacolo, perché io poi ogni due o tre anni ne tiro fuori uno, e… grazie al cielo, anche perché per andare in tutta Italia due annetti me servono come minimo, tre.
Il ritorno, dicevo, dopo appunto la pausa datata 2006, con “Poche idee ma molto confuse” che dicevamo poc’anzi. Rispetto al 1981 ne sono passati di anni, ma veramente tanti, e quindi rispetto a “Polvere di stress”. Che cosa è cambiato in Cinzia Leone nell’approccio con il pubblico, se è cambiato qualcosa?
E certo, “tutto” è cambiato. Allora, nel 1981 io in quello spettacolo, che non era mio, io ho scoperto e ammesso di voler fare l’attrice… lì. E ci sono arrivata per caso, perché è venuto un amico regista… io volevo fare la psichiatra nella vita… un amico regista che io ho chiamato teatrale a darci una mano, ha detto: «C’è una sola persona in grado di recitare, qui: tu. » E ha indicato me. Io mi sono spaventata, però poi mi sono divertita, perché come diceva un mio analista: «Le attitudini si rivendicano».
Se uno è un suonatore di violino, prima o poi il violino lo suona. E quindi che cosa è cambiato? E’ cambiato… cioè, non è che è cambiato, è nato, sono nata io come persona in grado di comunicare con gli altri, e ho scoperto il più grande forziere della mia vita: il rapporto con gli altri, in scena. Vero, però. Quando è vero, non quando è… non quando è protetto da una maschera, da un personaggio, quando non ci sono difese, quando entri e agli altri ti offri metaforicamente nuda, senza nessun tipo di… e veramente stai entrando per incontrare gli altri e per dargli tutto quello che gli puoi dare. Seguendo un percorso, sul quale hai lavorato, ma la bellezza e la vitalità dei miei spettacoli, io devo essere sincera, non la cambierei con nulla e con nessuno. Cioè i miei spettacoli sono… ogni tanto ho la sensazione i teatri scoppino. La gente ride, poi alla fine a volte piange… «Io non me ne vado…», non se ne vanno loro, soprattutto.
Ecco, questo è il problema! Me potete dà una mano? La gente non esce dai teatri.
Il pubblico che ti segue da anni è molto affezionato, alla tua persona più che al personaggio. Si basa, questa teoria, sulle parole che hai detto poc’anzi, ritieni?
Eh, perché in realtà non ho un personaggio. Coincido. Sono la stessa cosa. E quindi… e questo evidentemente le persone lo percepiscono. Sai, non… quando dico queste cose non dico: «Quanto sono brava» che è una cosa che detesto, «sono così sincera». È che questo risultato è dato dal mio bisogno “reale” di incontrare gli altri. Io ho urgenza, io ho bisogno degli altri. È per questo che sono realmente sincera, non perché sono brava e quindi ho capito che essere sinceri nella vita è… non so, non è quella retorica stupidina insopportabile. Io ho bisogno degli altri. Ho bisogno della loro approvazione. Ho bisogno del fatto che non se ne vadano dal teatro, e stiano lì con me. Perché vuol dire che quello che sto facendo lo sto facendo… in maniera tale che a loro interessi, che a loro serva.
Forse è anche questo il vero modo di fare teatro: avere questo feedback, questo scambio continuo fra attore e pubblico.
Non lo so, se è il vero modo. Questo mi sembra eccessivo, mi fa paura. Io non… io ho paura delle verità, perché le verità non esistono. Sicuramente questo è un modo che ha senso, visto che avviene che la gente lo cerca. Poi non è il vero modo di fare teatro, è il mio, e ognuno è liberissimo de fallo come je pare. Perché, poi a un certo punto bisogna avere il coraggio, lo sai, di uscire dalla dinamica per la quale ognuno di noi pensa di aver trovato la soluzione giusta nella vita. A’ soluzione giusta na a’ vita nun c’è, c’è a vita.
Cinzia Leone: cinema, teatro, tv ed internet. Adesso per un attimo spostiamo il focus al piccolo schermo: hai avuto due importanti collaborazioni nel 2007, quella con Federico Zampaglione, il leader del gruppo dei Tiromancino, in “Nero Bifamiliare”, e Sabina Guzzanti, che abbiamo incontrato un paio di settimane fa a parlare della sua realizzazione, “Le ragioni dell’aragosta”. È stato in un certo senso… ripassami questo termine… la “reunion” di “Avanzi”, un altro fortunato format televisivo che forse, in un certo senso, proponeva un nuovo modo di fare comicità in televisione?
Sicuramente… è stata molto dura l’idea di rivederci tutti quanti, perché comunque era stata una separazione faticosa, dolorosa, quando non ci siamo visti per tutti quagli anni, però questo poi c’ha permesso anche di crescere. A volte le separazioni sono necessarie per crescere. Rivederci è stata un’emozione, una bellezza… rincontrarci, e scoprirci cresciuti, è stato meraviglioso, e adesso credo che potremmo fare moltissime cose insieme, se la televisione permettesse di fare delle cose sensate, oltre che delle cose che danno solo consenso, che vanno solo lì a dire: «Quanto è bella la televisione.» Ma non vedete che non c’è più una critica in televisione? Non c’è più un momento di satira, non si può più dire… non si può nemmeno esprimere un parere su quello che avviene nella realtà, in televisione. Bisogna soltanto dire che va tutto bene, è tutto molto bello, e che la gente va molto d’amore col fidanzato, punto.
Un po’ la famiglia… per non fare pubblicità, ma un po’ la famiglia felice, dove tutto funziona perfettamente, in un campo fiorito.
Beh, diciamo che prima la televisione proponeva questo modello, adesso propone in termini moderni, attuali, lo stesso concetto. Cioè, nessuno di noi può andare in televisione a dire: «Ma perché uno che è stato arrestato per appropriazione indebita, je danno un programma e je fanno tutto un programma intorno?» Ma deve sta a casa, se c’ha gli arresti domiciliari, no sui giornali, cò quattro pagine. Cioè oggi, se tu ti azzardi a dire… per evitare che una cosa del genere venga detta, non ti fanno proprio varcare l’ingresso. Io sono ritornata l’altra sera da Bertolino, ospite a Glob, perché va in onda alle 23.45. Cioè, non… cercano semplicemente degli ospiti televisivi che siano talmente felici de sta in televisione, perché non sanno manco loro come je successa, stà cosa, questo: «Si, ciao! Ciao, si, si, ciao!» Questo è il tono, ma tutto il tempo, però, tutti i giorni.
E adesso parliamo di internet. Una via di fuga ad una televisione ormai, tra virgolette, finita?
Ma la televisione non è affatto finita. la televisione finirà inevitabilmente se continuano a farla così, e se permettono solo ai Simpson… ormai gli unici che possono permettersi di raccontare il lato oscuro di questa società so i Simpson! Noi non possiamo dì ‘na parola! Quindi la televisione in quei termini certo che è morta, non è televisione. È… appunto, è marmellata, non… dove, dove tu… dove praticamente viene veramente ufficializzato, istituzionalizzato e accettato chi obiettivamente non è un eroe… è ‘no zozzone, ma mannatelo a casa! E non c’è, invece, il coraggio di far passare in chiave ironica quella che poi è la parte dolorosa della vita. È questo il significato profondo della comicità e dell’ironia, anche. Quindi “Avanzi” aveva il coraggio di passare anche per questo, in qualche modo. Cioè, io che ho fatto tutte le parodie con le quali mi sono divertita come un pazza lavoravo proprio sulla chiave… in cui il personaggio si proponeva. La Fenech, la Dellera, che comunque sono sul mio blog, la Mussolini, molti filmati ho cercato di rimetterli. Erano proprio… io lavoravo sulla Dellera, su… quello che mi faceva molto ridere era il modo in cui loro si proponevano pubblicamente. E poi il fatto che in realtà dentro c’era un’altra cosa. Ma era il fatto di nascondere l’altra cosa che mi faceva molto ridere. Faceva molto ridere tutti, perché poi, insomma, sappiamo quanto ha fatto ridere. E, devo dire, quanto fa ridere oggi ancora, perché continuo a ricevere messaggi, e… la gente ogni volta che li vede ride come una pazza. Quindi è per questo che poi li ho messi sul mio blog, sotto il… Cinzia, io non so come si chiamano, ci sono quattro… me sembrano 4 carte da gioco quando apro il mio blog. Una se chiama Cinzia, vai lì e ce stanno queste… non so, come se chiamano, tu o sai come se chiamano?
“Palette”
Come?
Si chiamano “palette” in gergo tecnico.
“Palette” se chiamano?
Sì, si, “palette” si chiamano.
Ma mica ce vai ar mare, co e’ palette!
E, purtroppo si chiamano così. L’indirizzo internet del tuo blog, ne parliamo tra poco e poi non ti ruberò altri minuti importanti?
No, ma a me m’ha fatto piacere, eh. Non m’hai rubato niente, ci siamo scambiati qualcosa. Parlo con le persone, che me rubi? Ma l’indirizzo lo vogliamo dire?
Certo!
Allora, pensa se adesso non me lo ricordo… www.cinzialeone.com, è giusto secondo te? Tu lo sai con certezza, non è che ho detto una cretinata, no?
Io ho di fronte a me uno dei monitor collegati, appunto, con il tuo blog. Ma cosa metti nel tuo blog. Fammi capire questa cosa perché mi piace troppo pensare che un’artista possa interagire finalmente in modo attivo con un sito internet, con uno spazio. Cioè, per esempio, si parla in prima pagina di “Outlet”. Come vivi il rapporto?
Sì, beh, adesso ho presentato ovviamente lo spettacolo. In anteprima, ho fatto vedere il manifesto. Diciamo che… diciamo che in realtà è veramente una specie di bar, di bar… di bar, come si chiama… aiutami…
…dello sport?
Di bar interattivo.
Ah, di bar interattivo.
Nel senso che è un luogo dove si va a… dove io propongo degli argomenti, e partono delle discussioni, e chi vuole partecipa. Però è un luogo de confronto, infatti quando la gente si insospettisce sui nuovi che entrano, o su quelli che a volte… è chiaro che entrano anche cazzeggiando… io li sgrido, nel senso che… ognuno poi è libero di proporsi come vuole. Non ci si può… n’se riesce a litigà pure su internet! Beh, guarda, io a me questa cosa me fa morì! Le liti… la gente riesce a litigare, a scaricarsi addosso aggressività, su internet… ma come matti! Proprio non… non ci si riesce a rinunciare.
Quando hai deciso di fruire di questo grande bacino di utenza?
Ma, in realtà la rete è solo un’opportunità di poter fruire del bacino di utenza, ossia della gente, e a me interessa quello. Io prima o poi andrò in giro pe’ citofoni, forse non avete capito. Cioè, io prima o poi, proprio tipo i testimoni de Geova, però non è che posso… e salgo. «Vuole un caffè?» «Si, so venuta a pijà un caffè, vuole che je faccio un attimo de spettacolo? Sta giù oggi?» Cioè, in realtà io non… la cosa che continua più di qualunque altra a… veramente a… ad esercitare su di me il fascino estremo della vita, è veramente scoprire chi c’è dietro alle facce che ho intorno.
E questa è una cosa molto bella, con la quale concludiamo questo incontro. Non prima di aver ricordato “Outlet”, il tuo spettacolo, nei teatri italiani dal 26 di novembre.
Intanto a Roma debutto al Teatro Olimpico, e poi chiaramente questo spettacolo avrà vita, spero, ecco. Se non ce l’ha, pè cortesia, se gliela diamo, me fate na cortesia. Ecco, tutti insieme, diamo vita a “Outlet”.
Grazie a Cinzia Leone per essersi raccontata in questi minuti. Per aver fotografato, forse è meglio dire così, il suo percorso di vita.
Non lo so, ne ho parlato con voi, e l’ho… l’ho guardato, l’ho riguardato insieme a voi. Come se fosse un album fotografico, appunto.
Come se fosse… si. L’abbiamo riguardato insieme.
Grazie, Cinzia.
Ma grazie a voi.
In bocca al lupo per tutto. Ciao, grazie!
Ciao!
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