L’arte della recita per combattere la fame nel mondo. Questo l’obbiettivo dello spettacolo La grande cena di Camilla Cuparo con Ettore Bassi.
Incontriamo al microfono di Patrizio LONGO il compositore Claudio Prima che ha scritto le musiche e racconta questo viaggio fra i suoi numerosi progetti e le diversi passioni per gli strumenti musicali.
Mi racconti del tuo rapporto con il teatro?
Ho cominciato io stesso la mia attività artistica con il teatro. Ed è stata l’esperienza più importante della mia vita. Una riscoperta, un contatto primitivo con la mia espressività fino a quel punto completamente inesplorata. Vivere ancora oggi, da musicista, il palcoscenico di un teatro mi scatena interiormente un’energia autentica. Scrivere le musiche per una piece teatrale mi ha fatto rivivere con gioia le emozioni che avevo provato da attore e ha suscitato in me una gran voglia di riprovarci, vedremo.
Uno spettacolo che guarda al sociale?
La grande cena è uno spettacolo profondamente impegnato. Le tematiche trattate sono di straordinaria attualità. Ho apprezzato molto la schiettezza della scrittura e della regia di Camilla Cuparo, che in questo spettacolo affronta a viso aperto delle urgenze ambientali e sociali che saranno critiche negli anni a venire. E’ uno spettacolo che fa riflettere e che incute un fervido sentimento di inadeguatezza e scuote l’anima e la coscienza degli spettatori.
Dove nascono le musiche per uno spettacolo?
Le mie musiche per questo spettacolo sono nate da un flusso creativo spontaneo scaturito dalla lettura del testo e dall’incontro con Camilla. Ho deciso di scrivere dei temi originali per rappresentare adeguatamente le emozioni che io stesso avevo provato leggendo la sceneggiatura. E’ stato un processo graduale di avvicinamento e di condivisione del senso dello spettacolo e la musica si è fatta necessaria ad un certo punto, come se potesse essere l’unica possibile.
Un viaggio musicale che inizia con quale aspettativa?
Più che un viaggio è il ricordo di un viaggio. E come al solito non ha aspettative. Ha più spesso il fascino della ricomposizione. Come dice Claudio Magris, «il ritorno da un viaggio è come un trasloco». Molti sono gli oggetti che si cercano ma che nel trasferimento sono andati perduti, ma ne spuntano spesso altri inaspettati e sorprendenti.
Hai pensato di scrivere musiche per un film?
Le nostre musiche da sempre si prestano per costruzione ad essere il sottofondo per un’immagine o per un film. E questa consistenza ci affascina. Scrivere le musiche per un film, come lo è stato per questo spettacolo per me rappresenta un vero laboratorio di suggestioni ed è molto stimolante. Sono appassionato di cinema e spero presto di averne una concreta possibilità.
Fra i diversi strumenti che esprimono la tua arte con quale ti senti avere un rapporto privilegiato?
Suono da quando ero bambino e ho avvicinato diversi strumenti, scrivo i miei testi, ho fatto teatro e sono appassionato di grafica e di fotografia. Non credo che ci sia un confine espressivo troppo definito tra le varie forme d’arte, lo sperimento quotidianamente cercando di farle convivere nel mio atto creativo. Sento che si compenetrano bilanciandosi e nutrendosi vicendevolmente. Le lega e le salva la volontà di esprimersi, con onestà. Sento di avere un rapporto privilegiato con la musica e con l’organetto come mezzo espressivo, ma più per ragioni emozionali e, per certi versi, tecniche.
Sei fra i rappresentanti della Notte della Taranta quali incontri hai fatto durante questo percorso?
Suono nel concertone e nel festival da tanti anni e ho incontrato numerosi artisti di rilievo, ognuno per ragioni diverse in relazione alla mia personale esperienza musicale. Ho avuto un contatto più diretto con Francesco Di Giacomo, voce storica del Banco Del Mutuo Soccorso e ultimamente con Richard Galliano e Rokia Traorè che hanno interpretato un brano che io stesso avevo arrangiato, questa è stata un’esperienza molto significativa per me. Negli ultimi due anni ho apprezzato molto il lavoro di Mario Arcari e l’ho invitato a suonare con noi nel disco di Adria. All’interno del Festival invece con la BandAdriatica abbiamo ospitato la Kocani Orkestar e Eva quartet, il quartetto solista dello storico Les mystere des voix bulgares; anche loro hanno poi partecipato come ospiti nei nostri dischi e sono stati degli incontri fondamentali per il nostro percorso musicale.
Parliamo di ascolti, sbirciando fra i tuoi dischi quali titoli troveremmo?
Ascolto tantissima musica senza distinzione di genere ed è sempre difficile per me scegliere dei titoli da menzionare. Ultimamente sulla scrivania o in macchina circolano più spesso i cd di Lhasa de sela, Kate Walsh, Trygve Seim, Keith Jarrett, Mariza, The books, Luis Sclavis, Motion trio, Farmer’s market e tanti altri, ma è una playlist in continuo aggiornamento.
A quale artista italiano ti senti particolarmente legato e per quale motivo?
Su tutti Fabrizio De Andrè. La sua straordinaria sensibilità mi ha da sempre affascinato e ispirato. Considero Anime salve uno dei più bei dischi della musica italiana di sempre. L’ho ascoltato in un periodo in cui mi avvicinavo con passione alla musica etnica ed è stato per me uno spunto prezioso per individuare un percorso possibile della mia stessa musica e del mio modo di scrivere. E’ un artista prezioso e fondamentale della storia della musica italiana.