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E’ fra gli artisti chiave della scena alternativa italiana degli anni ’70. Eugenio Finardi cantautore italiano tra i più apprezzati.

Un percorso di continua ricerca, il suo, prima musicale e poi spirituale collaborando con diversi nomi della scena: Leonard Cohen, Fabrizio De André, Franco Battiato e rivisitando anche partiture di musica classica. Suggestivo anche il contributo con Demetrio Stratos, che è stato è stato un cantante e polistrumentista e nella musicale italiana fondatore degli Area, alla realizzazione di una preghiera nello stile del fado portoghese.

Al microfono di Extranet Patrizio Longo intervista Eugenio Finardi al Convento degli Agostiniani

Abbiamo incontrato Eugenio Finardi che ripercorre al microfono di Extranet questo incredibile e ricco percorso artistico e musicale.

Ed eccoci quì al microfono di Extranet con Eugenio Finardi a ripercorrere in questi minuti di conversazione questa eclettica carriera. Come definirla?

Direi che è una carriera assolutamente contraria a ogni legge del marketing però assolutamente necessaria per crescere come musicista e come uomo, perché cercare, sperimentare, confrontarsi con nuove realtà oppure ritrovare vecchi amori come il blues è fondamentale credo per un musicista.

Facciamo un balzo nel tempo, forse un passato remoto, la fine degli anni ’70, l’esplosione in Italia delle radio libere e due grandi canzoni: Musica ribelle e La radio. Cosa prova oggi quando riascolta queste canzoni alla radio?

Devo dire che alla radio le sento poco, io sono sfortunato e raramente mi sento in radio o ho l’avventura di accenderla in quel momento. Mah in realtà sono due antiche compagne di viaggio, oramai sono come dei figli grandi, non so come dire, non mi ricordo com’era prima di avere Musica ribelle.

Sempre gli anni ’70 ,un momento in cui nella radio si suonava molta musica di stampo americano, come riusciva ad imporsi la musica italiana nelle radio in quel tempo e quali difficoltà trovava?

No, al contrario l’esplosione di musica americana è arrivata poi negli anni ’80, ma in realtà negli anni ’70 ci fu un grande momento proprio dovuto alle piccole radio di territorio senza playlist che mettevano quello che gli piaceva e ci fu un momento d’oro per la musica italiana in cui c’erano.

Non solo i cantautori ma anche tanta musica alternativa come Il canzoniere del Lazio, gli Area, Napoli centrale e c’era una grandissima varietà anche sonora, una grande sperimentazione su un suono tipicamente italiano, è stato forse il momento migliore per la musica originale italiana anche perché appunto gli stranieri per un certo periodo non sono potuti venire a suonare perché c’erano casini a ogni concerto per cui …

Arriviamo a Diesel, uno degli album considerati dalla critica “di maggiore espressione nella carriera di Finardi” e qui diverse le canzoni tra cui la stessa Diesel, Non è nel cuore e Scimmia, quest’ultima a raccontare il dramma della droga, quali erano le difficoltà di quel periodo?

Mah più che difficoltà bisogna rendersi conto che in quel periodo si scontravano due realtà, un’Italia che era ancora quasi rimasta al libro Cuore, in cui grandi battaglie come la lotta per il divorzio, la lotta per le donne, per l’emancipazione, da una parte c’era un’Italia ancora arcaica, ancora antica, dall’altra parte c’era questa alternativa.

Questa nuova musica che arrivava a dire cose assurde se tu pensi che io sono arrivato al terzo LP, cioè a Diesel e nel terzo LP c’era la mia prima canzone d’amore, Non è nel cuore, che è stata la mia prima canzone d’amore su disco ,quindi vuol dire che era un’epoca in cui potevi fare due LP di successo senza parlar d’amore pensa un pò.

Tanti erano i contenuti, tante le cose, gli interessi e abbiamo perso molto di quello devo dire.

All’inizio del nostro incontro parlavamo di carriera eclettica e qui arriviamo con l’album “Il silenzio e lo spirito”, un altro momento importante di svolta, perché la ricerca così forte di spiritualità. Un album o un progetto che nasce forse prima nell’ambiente ecclesiastico e successivamente diventa un lavoro discografico?

Ti sembrerà strano ma io sono profondamente ateo, cioè sono assolutamente non credente in nulla di sovrannaturale o neanche di esoterico o di questo genere, però credo che la spiritualità sia una delle caratteristiche umane più forti, nella personalità, nel nostro DNA, nel nostro codice genetico c’è che siamo esseri che hanno un’aspirazione all’assoluto e io credo che ci sia una risposta assolutamente laica e altrettanto spirituale ed è proprio nella musica.

La musica è la dimostrazione che l’uomo tende all’assoluto come lo è l’architettura nel senso che quando le leggi della fisica e della matematica diventano udibili, in quel momento a noi danno piacere, sia un piacere sensuale sia un piacere spirituale a seconda di come si usa.

Quindi io credo che in realtà la nostra vera spiritualità sia proprio nel canto, anche perché tutte le parole che si collegano alla musica sono parole di “assieme”, come “concerto”, “accordo”, “armonia”. Io credo che la vera mistica sia nella ricerca dell’assoluto personale e la mia personale via è quella…

Da poco è stata pubblicata la tua antologia Un uomo, diversi cd, un album ricco di ricordi, di tributi, di tanto. E’ stato difficile realizzare questo che è veramente una vera e propria antologia: non è un solo album , ma diversi cd che fotografano questa carriera poetica?

Grazie, quando mi hanno proposto di fare questo cofanetto mi sono accorto riascoltando tutti gli album che quella che tu chiami la mia “carriera poetica” non era altro che un lungo diario della crescita di un uomo, dei suoi accadimenti, del suo inconscio, del suo impegno e quindi mi è parso giusto mettere anche il cassetto segreto, nel quarto disco mettere un pò tutte le cose che invece nella storia non erano entrate, alcune per motivi futili.

Per esempio la canzone che si chiama Oriente che sta piacendo molto ai miei fans, perplessi di come mai non fosse nel disco per cui era stata scritta, era stata bocciata perché era troppo hippie, e così mi sono tolto la soddisfazione di mettere in un solo disco veramente tutta la mia storia cominciando dal pezzo inciso a nove anni e finendo con gli ultimi inediti registrati apposta per questo disco.

Parlavamo prima degli Area, quindi in questa riflessione rientra anche l’omaggio a Demetrio Stratos?

Certo, ovviamente, fatto tra l’altro con il trombettista Lew Soloff  di Blood, Sweet & Tears.

Cantare con Francesco Di Giacomo dei Banco nel Fado, la canzone portoghese è stato un altro momento di spiritualità, un ritorno, un’altra fase, oppure una fase di decantazione dello spirito?

Si, è stato una vacanza in realtà. Col giro del millennio il ruolo di Finardi mi stava pesante nel senso che era diventato oramai una condanna il dover suonare sempre quelle solite canzoni sempre nello stesso modo e quando Francesco Di Giacomo mi ha proposto di affrontare questa tournée di Fado non credevo che il pubblico avrebbe accettato di andare a vedere un concerto di Eugenio Finardi senza sentire nulla del mio repertorio e invece la cosa è andata benissimo tanto che mi ha dato il coraggio di fare poi il disco di blues tutto in inglese.

A proposito di “Anima blues”, 2005 : come fa un musicista a passare dal rock al blues, che rappresenta quasi per antonomasia un genere che funziona sempre?

Il blues per me è stata la grande scoperta dei 13 anni, dell’adolescenza, prima attraverso i Rolling Stones poi andavo a vedere chi aveva scritto le canzoni, andavo in America a casa di mia nonna, a New York a comprare i dischi di Muddy Waters…, quindi in realtà il blues è quello che mi sono sempre portato dentro.

Poi ad un certo punto negli anni ’70 mi sono sentito in dovere di essere funzionale al movimento, di farmi capire e ho scritto varie canzoni tra cui Musica ribelle che mi ha cambiato la vita e mi ha impedito di tornare a quella che era la mia naturale posizione, a quello che mi veniva più spontaneo.

Nel 2005 mi sono liberato da ogni orpello discografico, ho fondato la mia etichetta discografica così da non dover rispondere a nessuno e ho realizzato questo album che è stato la realizzazione di un sogno vecchio quarant’anni.

Alla luce della tua esperienza di oggi rifaresti tutto. Ripercorreresti nello stesso modo il tuo percorso personale ed artistico?

Assolutamente no. Potessi ricominciare da capo rifarei tutto diversamente, proprio per la voglia di cambiare, per “eclettismo”, visto che l’ho già fatto in un modo lo rifarei in un altro.

Ascolta audio intervista a Eugenio Finardi.

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