Nascono nel 1989 dalla scuola dei cantautori romani,Federico Zampaglione e i Tiromancino. Nel corso degli anni hanno raccolto una serie di importanti riconoscimenti anche se hanno modificato più volte la line up della Band.
Le sonorità di Zampaglione sono un ottimo risultato di canzone e ricerca del suono mai convenzionali. Numerosi i successi da: “Tiromancino” (1992), “Insisto” (1994), “Rosa spinto” (1997), “La descrizione di un attimo” (2000), “95-05” (2005), “L’alba di domani” (2007), “Il suono dei chilometri” (2008).
Il cantautore romano oltre alla musica, di cui dichiara di nutrire vera passione, rivolge la propria attenzione anche al cinema realizzando alcuni videoclip e un lungometraggio nel 2006 dal titolo “Nero bifamiliare”. Ultimamente lavora al secondo film, che sarà girato in Austria e come tema sarà rivolto a fatti di attualità.
Al microfono di Patrizio LONGO incontriamo Federico Zampaglione per raccontare di questa alchimia fra musica e immagini d’Autore. Ciao Federico!
Come stai?
Tutto bene! In tour con “Il suono dei chilometri”, il secondo greatest hits dei Tiromancino. Due cd che raccolgono la storia di questa band… neo-romantica?
Non so che definizione potremmo darci… sì, sicuramente anche questa potrebbe andare. Il disco più che un best è un live, anche se in realtà contiene effettivamente le nostre canzoni più rappresentative. Ma anche dei ri-arrangiamenti di canzoni meno conosciute. Abbiamo lavorato con molta cura, perché era il primo live che incidevamo. Negli ultimi anni ci siamo dedicati con più passione al live: in passato erano più i momenti in cui si registrava il disco, o quelli dedicati ai videoclip che ci catturavano maggiormente. Il live ci è sempre piaciuto, però abbiamo approfondito meno. Negli ultimi anni, con il rientro di mio fratello nella formazione, è diventato una delle nostre attività più curate. E questo nel disco si sente.
Qual è il segreto attraverso cui le persone riescono in così breve tempo ad immedesimarsi nei testi delle tue canzoni. C’è un elemento autobiografico?
Sì, a volte sì. Sicuramente faccio molta fatica a scrivere testi che parlino di esperienze o di cose da cui sono lontano. Nel caso de “Il rubacuori” si tratta di un argomento con cui si ha a che fare tutti i giorni, e quello che sta succedendo, ad esempio, all’Alitalia, ne è l’esatta dimostrazione. Qui si rischia che tutta quella gente finisca in mezzo alla strada: un dramma, una cosa tragica. Io chiaramente, frequentando l’ambiente della discografia, che è uno dei tanti colpiti da questo disastro, ho visto sparire persone dal giorno alla notte. Anche persone che conoscevo personalmente e di cui conoscevo la validità, e l’impegno nel proprio lavoro. E da un giorno all’altro la scrivania restava vuota e tutto era finito. Da un lato, perlomeno, perché dall’altro c’è una vita che rimane scoperta: del lavoro, ma anche delle amicizie che lo accompagnano e che ti riempiono la vita. Ho percepito che non si può, in questo momento, cantare soltanto di cose positive. Noi abbiamo affrontato molto spesso temi legati ad una certa poetica, alla voglia di evasione, di raccontare un mondo attraverso delle immagini più aperte, più ariose. Però ci sono dei momenti in cui bisogna essere chiari e dire le cose come stanno, dando un’idea più realistica delle cose. Questo è quello che è successo, sia con “Rubacuori” che con “Quasi quaranta”. Qui, con una certa ironia, si parla della difficoltà che si vive nell’arrivare a quarant’anni per chiedersi: «Che cazzo ho fatto fino ad adesso?»
Questo guardare alla vita reale, ma non solo e sempre alle situazioni positive, in un certo senso ci riporta a Fabrizio De Andrè, che in questo momento ti sta vedendo impegnato nella realizzazione di un lungometraggio dedicato ad uno dei suoi brani più importanti: “Bocca di rosa”?
No, su questo c’è un misunderstanding. Io avevo intenzione di fare un film ispirato alla canzone di De Andrè, ma poi ho scoperto che era già in corso la realizzazione di un altro film in cui mettevano in scena “Un destino ridicolo”, che è il romanzo di De Andrè e Gennari. In corso d’opera decisero di intitolarlo “Bocca di Rosa”, anche se poi hanno cambiato idea… io comunque in quel momento ho avuto un po’ paura che la cosa s’incasinasse, e per il momento ho accantonato il progetto. Ora sto per partire con un altro tipo di film; in questo caso si tratta di una co-produzione con gli Stati uniti, con un cast internazionale. Si tratta di un film molto impegnativo e molto duro, anche nei contenuti. Infatti mi sto preparando psicologicamente, perché sarà un esperienza abbastanza tosta, sotto tutti i profili.
Guardando al passato, andiamo a riscoprire alcuni momenti importanti della carriera dei Tiromancino e, quindi, anche di Federico Zampaglione. “Un tempo piccolo” nel 2005, una canzone di cui hai curato anche la regia, che in un certo senso rappresenta un tributo ad un grande poeta della musica italiana come Franco Califano, che in questi giorni ha compiuto 70 anni.
Tra l’altro io sono stato l’unico ospite musicale alla suo concerto dei 70 anni. È stato un grande onore, abbiamo cantato insieme sia “Un tempo piccolo” che “La nevicata del ‘56”. Una cosa bellissima. Il maestro era preoccupatissimo per l’aspetto meteorologico della giornata, dal momento che il tempo minacciava, ma alla fine è stata una bellissima serata d’estate, ed il concerto è stato bello. Una grande emozione essere sul palco con lui, secondo me è un grande poeta, un grande artista, immenso.
A proposito di festeggiamenti: dieci anni, da poco festeggiati con la raccolta “95-05”, che include sia inediti che vecchi brani risuonati e ri-arrangiati. Durante questo percorso i Tiromancino hanno cambiato formazione più volte, quasi alla ricerca di una line-up definitiva. Adesso avete trovato la giusta linea musicale?
Sì, effettivamente da un po’ di tempo, con questa formazione, abbiamo trovato veramente un ottima forma. Ci stiamo divertendo tanto, e questa alla fine è la cosa principale. Perché sì, è vero, tu puoi arrangiare in modo diverso, fare quello che vuoi, ma la cosa importante è che poi sul palco ci sia una totale liberazione da tutto l’aspetto “terreno”. Sono quelli i momenti in cui si arriva più vicini al cuore della gente: si avverte la totale armonia con la musica, ed il gruppo suona nel modo più naturale possibile. E’ questo che ci sta succedendo: una piccola magia che si rinnova ogni sera, e l’affetto delle persone durante la tournee ci sta dimostrando che siamo sulla strada giusta.
Stiamo analizzando l’elemento tempo, ma Federico Zampaglione che rapporto ha con il tempo. Come lo vive?
Il tempo può essere visto sempre sotto vari profili. A volte ti dà delle grandi gioie, a volte ti dà dei grandi dolori. Dipende anche da quello che succede. È chiaro che il tempo è una parte imprescindibile della nostra vita. Quando qualcuno muore la prima cosa che si dice è: «È la vita.» In questa frase è racchiuso un po’ il concetto di “tempo”.
Un po’ anche un contenitore di ricordi, lo vivi così?
Sicuramente i ricordi sono un parte importante della nostra vita. Fanno parte delle nostre radici, spesso ci aiutano anche a rimanere in contatto con la nostra parte più emotiva e sensibile. La realtà di tutti i giorni è schiacciante, ma il ricordo ogni tanto ti tiene sospeso, aggrappato a qualcosa a cui vuoi bene. Però sono anche uno che guarda avanti, e soprattutto credo che sia importante stare bene nel presente. Cercare ogni giorno di dare un senso a quello che fai, di amare le persone con cui hai a che fare. Possibilmente anche volere bene anche all’umanità, in generale, perché sono cose assolutamente necessarie in questi anni di piombo.
Com’è stata l’esperienza di scrivere canzoni con tuo padre?
Lui è fortissimo. Poi noi non abbiamo un rapporto tipico: siamo molto amici, molto vicini, per cui è stato bello avere tra le mani queste canzoni. Non sappiano neanche noi bene come sia successo. È stato un privilegio, ed una cosa bella.
In quasi chiusura del nostro incontro: nel 2001 Ferzan Ozpetek decide di inserire il brano “Due destini” nel suo film-capolavoro “Le fate ignoranti”. Un altro film che guardava agli aspetti di individui messi ai margini. Per te dev’essere stata una bella esperienza, ed una bella soddisfazione?
Sì, ed è stata anche una bella occasione per farsi conoscere. Il film è stato un grande successo, e la canzone ha aiutato un po’ ed ha avuto occasione di essere ascoltata da un grandissimo pubblico. Evidentemente era destino così.
Era proprio destino, quanto Federico sfugge ai luoghi comuni, alla banalità?
Non è che io sfugga ai luoghi comuni perché abbia una comune avversione nei confronti di essi. Essendo “comuni” sono cose che appartengono alla normalità, e spesso mi annoiano un po’. Mi costringono a ripercorrere strade già battute, ed è una cosa che in qualche modo cerco di sfuggire, ma come persona più che come artista. Mi piace sempre mettermi un po’ in gioco: se vado a vedere quello che ho fatto in questi anni, in realtà ho rischiato tantissimo. Nel momento di maggiore successo mi sono fermato e mi sono messo a fare un film che mi ha tenuto fermo un anno e mezzo. Un film rischioso, tra l’altro, un po’ grottesco, con dei personaggi molto cari ed una storia fatta di cinismo e di mediocrità. Un po’ il contrario rispetto all’ampiezza culturale presente nelle canzoni. Anche con il film ho puntato un po’ lo sguardo su alcune miserie tipicamente italiane, su alcuni atteggiamenti che fanno dell’Italia un paese visto a volte in modo discutibile. È stata una bella scommessa, e c’è voluto un po’ di tempo per affermarlo. Sono contento che il film abbia portato a casa tanti premi, che sia stato visto da tanta gente. Però è stato rischioso, come anche portare a Sanremo “Il rubacuori”, e poi subito dopo “Quasi quaranta”. Forse in questi anni ho fatto di tutto per vedere fino a dove potevo tirare la corda per sentirmi libero come artista e non dover ripetere le cose che già avevo fatto. Che è quello che mi spaventava.
C’è un sogno che vorresti realizzare, ma ancora non sei riuscito a mettere in atto?
Sì, c’è.
Possiamo dirlo?
Fare un figlio.
Federico, io ti ringrazio per la disponibilità. Un mega in bocca al lupo per tutto, per tutte le diverse forme in cui la tua arte si esprime: cinema, musica ed altre.
Ti ringrazio veramente di cuore. Buona giornata e buon proseguimento.
Alla prossima!
Ciao!
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