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Figura, controversa ed anticonformista, nello scenario musicale italiana, quella di Franco Califano per molti il Califfo. Un poeta dei nostri tempi, forse l’ultimo.

Narratore di storie che hanno come filo conduttore il sentimento più nobile l’Amore. Insignito della Laurea honoris causa in filosofia presso l’Università di New York.

Un riconoscimento ad un animo sensibile e soprattutto ad un maestro di vita che ha intrapreso diversi percorsi, a volte semplici altre tortuosi e che racconta al microfono di Patrizio Longo la propria esperienza. Bentrovato Maestro e benvenuto in Puglia una terra che l’ha ospitata diverse volte.

Una terra amata sicuramente da me Risponde il Califfo.

Una carriera in continuo divenire la Sua. Oggi cosa prova quando propone nei suoi live le prima canzoni a distanza di tanto tempo. Le trasmettono sempre la stessa emozione?

Certo perché le mie prime canzoni non le ho scritte per me ma per altri. Per cui interpretate da me, cioè dall’Autore, non mi mettono in competizione con chi le ha portate al successo ma tento di farle a modo mio e qui l’Autore si sente. Il più delle volte le eseguo meglio io. Torniamo indietro per meglio vivere il presente. Lei è fra i maestri protagonisti della scena anni ’70 italiana.

Cosa ricorda di quel tempo ed oggi quali gli insegnamenti che riporta di quel periodo così travagliato dal punto di vista sociale e quindi musicale?

Gli anni ’70 sono anni importanti per la musica e soprattutto per il Paese. Io non ricordo moltissimo perché mi lascio indietro i ricordi. Cerco solo di portami dietro i ricordi più negativi. Quelli che mi hanno aiutato a crescere e ad essere forte, coraggioso come sono e libero come sono soprattutto. Io suggerimenti a quelli che hanno vissuto gli anni ’70 non posso darne perché non so adesso in che condizioni sono. E’ cambiato tutto nel frattempo.

In un’intervista rilasciata qualche tempo fa affermava: La vita dovrebbe essere una passeggiata serena e felice, purtroppo è una poesia svilita dai tempi?

? La vita è un percorso che va vissuto intensamente e freneticamente in tutte le sfaccettature sia ironiche che drammatiche. Nella mia filosofia vorrei che si arrivasse alla fine e si dicesse la parola finalmente. Arrivare alla fine stanchi. Questa per me è l’esistenza: un percorso faticoso però bello da fare per poi non rimpiangere nulla quando si arriva alla fine e chiudere gli occhi serenamente.

Le sue canzoni hanno come filo conduttore la parola “amore”. Ma questa parola nella società moderna rappresenta il filo conduttore, quello che lega i rapporti le relazioni fra gli uomini?

Io dico amore perché è una parola musicale più comoda. In realtà mi riferisco alla passione, per me l’amore è passione. Finita quest’ultima finisce anche l’amore. Scrivo l’amore scrivo la passione scrivo che il cuore non ha troppa fantasia. La passione parte da altri punti. L’amore è sempre legato alla passione. Io scrivo soprattutto di sentimenti come l’amore, l’amicizia, la solitudine, della malinconia. Non ho mai scritto di politica in quanto non mi interessa e ritengo sia estremamente semplice leggere un giornale e scrivere sull’argomento. L’amore lo rappresento in tutte le sue sfaccettature, ritengo sia una materia che conosco e quindi so descrivere.

Tra amore e sesso esiste un punto di comunicazione?

E’ solo quello. Per me non c’è altro che la passione che lega due persone. Ritengo che il sesso senza amore può esistere, il contrario no.

Di Calisutra (Ed. Castelvecchi) cosa mi racconta?

Non ho inventato niente ho scritto una cosa divertente perché mi è stata richiesta. Un poco come Bukowski (Ndr. Henry Charles “Hank” Bukowski è stato un poeta e scrittore statunitense) che è un maledetto per il quale io mi sento molto vicino. Affermava, a voler parlare di citazioni anche se è la prima volta che lo faccio, Io scrivo libri e ci metto sesso solo al fine di venderli, il sesso interessa sempre.

La critica è sempre pronta a emettere “sentenza” su chi scrive libri e parla di sesso ma poi sono i primi a leggerli. Un tema che non subisce inflazione?

Assolutamente no al contrario sarà sempre dibattuto.

Lei è annoverato fra gli artisti più anticonformisti della scena. Le fa piacere questa etichetta?

Sì, mi sta bene tutto ad eccezione che mi si dica che ho una personalità normale. Quindi anticonformista va bene come maledetto. Detesto la normalità, la routine e l’abitudine.

Abbasso la monotonia e la ripetizione?

E certo, abbasso gli orari.

Grazie per la disponibilità ed un in bocca al lupo per tutto.

Grazie, crepi e arrivederci a tutti. Buona fortuna.

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