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Che fosse un personaggio decisamente eclettico, non avevamo alcun dubbio. Ma sentirlo dal vivo, “al telefono”, è tutta un’altra storia…

Gennaro Cosmo Parlato. Sensibile, attento, colto: un personaggio dei nostri tempi. Si è parlato di questo inaspettato successo, del suo amore per gli artisti e per i vinili che ascoltava durante l’adolescenza, e di «Che cosa c’è di strano», il suo nuovo album-tributo agli artisti che, in un certo senso, hanno fatto da colonna sonora alla sua giovinezza. Mi dice: «Non sono figlio d’arte, mi sento figlio dell’Arte».

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 Non sono mancati i riferimenti a Markette, il format che lo vede protagonista sul piccolo schermo.

Se, quanto e come ti ha condizionato e influenzato l’essere figlio d’arte (N.d.r. la madre e lo zio sono cantanti neomelodici partenopei)?

Mah, più che figlio “d’arte”, io mi sento figlio “dell’arte”… io sono nato e sono scaraventato subito su un palcoscenico, cosa che a Napoli è abbastanza normale per chi vive nell’ambiente; magari è una cosa un po’ debilitante per l’infanzia, ma in cambio ci si fa un bel po’ di “ossa” sin da piccolo. E’ stato molto naturale e divertente per me, perché sin dalla pancia di mia mamma ho respirato musica, arte, canzoni.

Quali collaborazioni ricordi con particolare affetto?

In particolare due. La prima – avendo io cominciato come autore a scrivere canzoni per altri – aver lavorato con Mina… e non so se ce ne potranno essere altre più grandi! Per me stata davvero una grande emozione, un privilegio ed un onore lavorare con una “leggenda che cammina” come Mina. Un altro progetto pieno di collaborazioni è l’attuale “Cosa c’è di strano”, in cui ho riavvicinato molti degli interpreti con cui avevo già lavorato in passato come autore. L’ultima – in ordine di tempo – collaborazione di cui sono molto orgoglioso è quella con Michele Caparezza, che mi ha invitato – unico ospite – a partecipare al suo ultimo album “Habemus Capa”.

Ecco, parlaci di questo, hai destrutturato e re-inventato molti pezzi dell’epoca?

Premetterei una cosa: io cerco di fare solo le cose che mi vengono il più naturale possibile. Fare un disco legato agli anni ’80 per me deriva dal fatto che quelli sono gli anni in cui io sono cresciuto. Quindi siamo molto al di fuori dallo stereotipo odierno in cui gli anni ’80 “fanno comodo a tutti” (vedi cover e compilation tutte dedicate a quegli anni). Riguardo al fatto che io abbia re-inventato e non solo re-interpretato, beh, è stata una questione di rispetto per gli interpreti originali, che io conosco personalmente: per il resto ci ho messo del mio, cioè “follia pura”.

Passiamo alle frivolezze: quanto tempo passi al trucco prima di una performance?

Con il mio truccatore Agostino abbiamo stabilito un “record di velocità” di 40 minuti! Non so se sarà possibile scendere sotto questi tempi, anche perché l’immagine è sempre in evoluzione. Per fortuna abbiamo le idee abbastanza chiare su come lo vogliamo. Siamo partiti con un look anni ’30, ma adesso lo stiamo elaborando in direzioni che ancora non vi dico. Il tutto è sempre molto elaborato, ma è necessario per “affabulare” il pubblico, che deve essere “preso” e gettato in un “circolo magico”. E’ questo che io mi prefiggo: far sognare il pubblico. Ci sono già troppe brutture in giro.

Con Chiambretti a Markette come va?

L’atmosfera è davvero fantastica. Mi sono trovato subito a mio agio, ed anche i colleghi come Costantino Della Gerardhesca no hanno fatto altro che mettermi a mio agio. Ormai è un anno e mezzo che la trasmissione va avanti e ne sono molto felice perché lui è uno degli ultimi “genietti” della televisione italiana e per me non poteva davvero esserci un inizio migliore.

Un ascoltatore di Extranet dice di te: “Se dovessi scegliere una categoria cui appartiene Gennaro Cosmo Parlato direi che appartiene ad una categoria… estinta: a metà strada tra il fantasista – cos’è un fantasista poi. L’attore, passando per le macchiette ed un certo cabaret d’oltralpe. A sensazione, questo è Gennaro Cosmo Parlato”?

Beh, un po’ mi ci riconosco. Io ho 33 anni, da 20 faccio questo mestiere. L’obiettivo mio e dello staff dei collaboratori che lavorano con me e quello di trascinare gli spettatori dentro un tunnel. Questa è la mia “magia”. Se poi ci riesco… beh, io posso solo dire che ce la metto tutta.

Ascolta intervista Gennaro Cosmo Parlato.

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