Autore di canzoni, si affaccia al teatro recitando con Dario Fo e Franca Rame, regista di spettacoli musicali, si laurea in Ingegneria e si riscopre scrittore. Di esperienze ne ha vissute diverse passando fra musica, teatro e scienza. Di recente pubblicazione il Dizionario dei comici e del cabaret edito da Garzanti. Una enciclopedia che abbraccia i tanti personaggi che hanno raccontato attraverso la propria comicità il nostro paese.
Nel volume si può consultare come afferma lo stesso autore «cinquecento maestri della risata».
Incontriamo Giangilberto Monti per conoscere questo lavoro estremamente utili per chi è affascinato e chi lavora con queste attori dal carattere creativo.
L’Italia è un paese dove un pò per storia un pò per tradizione ma la comicità nelle sue diverse sfaccettature è presente da sempre. Come mai nessuno ha mai scritto qualcosa di completo. Te lo sei chiesto?
Probabilmente perché è più semplice e redditizio lavorare sui singoli settori (Cafè-Chantant, Cabaret, Varietà, ecc.) l’ultimo lavoro completo è del 1901 e comprendeva il mondo del cafè-chantant e del primo varieté (che non era esattamente il varietà degli anni Quaranta-Sessanta).
Il Dizionario dei comici e del cabaret rappresenta il secondo lavoro che realizzi per Garzanti. Il primo è stato Dizionario dei Cantautori (2003). Inizia ad essere una tradizione?
Non è impossibile immaginare una terza “ricerca” sui vari mondi dello spettacolo, ma al momento non saprei.
Il volume non riporta solo i dati anagrafici del personaggio ma è arricchito da una serie di note quali: i rapporti con i media, dalla radio alla televisione, il teatro, il cinema, le collaborazioni, i libri, gli sketch, le battute. Come hai raccolto le schede e soprattutto gli aneddoti legati ad ogni singoli personaggio?
E’ stato un lungo lavoro di ricerca bibliografica, seguita a diverse interviste ad amici, colleghi e personaggi ancora viventi. Uno su tutti, il regista Vito Molinari.
Come valuti quei comici come Beppe Grillo che hanno, probabilmente, abbandonato il palcoscenico del cabaret per promuovere una, nuova, formula fra satira e politica?
Una strada come tante altre. Il “buffone del re” ha sempre avuto il compito di punzecchiare, il problema è che in questo periodo storico italiano non si capisce più chi è il buffone e chi il re.
Nel volume non possono mancare i grandi nomi della comicità italiana da Totò a Peppino a Chiari, Manfredi, Gassman e Tognazzi. Hai avuto la possibilità durante il periodo in cui frequentavi l’ambiente del teatro di conoscere questi grandi?
Solo da spettatore Di Eduardo ho visto alcuni suoi lavori, quando mia madre (di origini napoletane) mi portava con sè a teatro – ma ero ancora troppo piccolo per apprezzarlo – mentre mio nonno me ne leggeva in dialetto i testi. Gassman mi è stato presentato nel suo camerino a Roma, quando recitava Otello, ma ovviamente è stato un incontro fugace. Walter Chiari l’ho incontrato grazie a Roberto Brivio dei Gufi, in una delle sue ultime apparizioni in palcoscenico.
E della comicità femminile cosa racconti. Quale la tua impressione è a volte più tagliente rispetto a quella maschile?
Entrambe possono essere ugualmente taglienti, dipende dalla persone, non dal sesso.
Voltandoci al passati sei anche uno chansonnier quali i ricordi degli anni 60. Quando hai composto le tue prime canzoni?
Ho cominciato a scrivere canzoni negli anni Settanta, gli anni Sessanta sono un ricordo più lontano ma ugualmente legato alla musica. Mio cugino era un appassionato di Tenco e Paoli, mio padre della canzoni di Gaber e Jannacci.
In questo quadro d’insieme come si posiziona una laurea in Ingegneria. Che fa pensare ad uno stile di vita forse un po’ distante da quello dell’Artista?
Una domanda simile me la fece Mario Luzzatto Fegiz quando pubblicai il mio primo album (1977), in realtà lui parlava di “laurea sprecata”. A parte il fatto che anche Stefano Belisari (Elio) ha una laurea in Ingegneria, la prima risposta che mi viene è “perchè no?”, la seconda è meno elegante.
Hai collaborato per la Radio Svizzera la quale ti ha incaricato a realizzare un radiodramma. Le musiche di questa opera sono raccolte in Maledette Canzoni un omaggio a personaggi come Vian, Ferré e Gainsbourg. Quanto ti avvicini alla scena francese e soprattutto a Serge Gainsbourg?
Le canzoni del radiodramma realizzato con la Radio Svizzera sono traduzioni italiane di un’opera di Boris Vian sulla storia della Banda Bonnot, le canzoni del Cd Maledette Canzoni sono brani di Vian, Ferrè e Gainsbourg da me adattati in italiano, ma fanno parte di un progetto successivo. Serge Gainsbourg riassume a mio parere la genialità compositiva e la voglia di sperimentazione che avrei sempre voluto avere e alla quale cerco di tendere, diciamo che non è facile.
Potremmo anche definirti storico se consideriamo il lavoro Un po’ dopo il piombo, dedicato alla storia d’amore tra Mara Cagol e Renato Curcio e alla nascita delle Brigate Rosse. E’ stato difficile raccontare quel periodo che ha segnato la storia del nostro paese?
Molto, soprattutto per le difficoltà trovate nei teatri, nelle radio (compresa la Radio Svizzera, che dopo averne accettato il progetto l’ha di fatto censurato) e in televisione (dove a parte RaiNEWS 24, è stato praticamente impossibile arrivarci). La stampa ha invece sempre dato conto dei vari passaggi di questo lavoro e il pubblico ha sempre accolto questo spettacolo con curiosità, attenzione e rispetto. Devo per questo ringraziare molto il Centro Teatrale S.Chiara di Trento, città dove è nata la Facoltà di Sociologia e l’amore tra Renato e Mara, e il suo direttore che hanno accettato di ospitare il lavoro pur tra le inevitabili polemiche.
Hai un sogno che vorresti realizzare?
Sto lavorando al mio nuovo spettacolo teatrale-musicale, che debutterà nel marzo 2009 al Teatro Garage di Genova. Spero piaccia.