Incontriamo Jaka per rivolgere alcune domande sul nuovo lavoro. Intende valorizzare la musica di stampo jamaicano con le tradizioni popolari della Sicilia.

Un viaggio alla riscoperta di nuove realtà ed antiche tradizioni popolari.

Cosa “mettiamo a fuoco”?

Mettiamo a fuoco ciò che siamo, ciò che pensiamo, ciò che vogliamo, mettiamo a fuoco noi stessi . Il titolo si riferisce ad una messa a fuoco interiore e nasce dall’esigenza di fare chiarezza nella mia vita in questa epoca di grande confusione, e in brani come “Splendi” o “Solo L’Amore” questo intento è ben chiaro . Poi “mettiamo a fuoco” anche ogni concerto che faccio , nel senso che coinvolgo e infiammo la platea grazie alla straordinaria energia che la natura mi ha donato e che coltivo come un fuoco sacro. Quindi questo album brucia del fuoco dello spirito ma anche di quello della passione.

Il tuo lavoro quanto si avvicina alla filosofia dei Sud Sound System?

Non so come risponderti perché non so quale è questa filosofia , andrebbe chiesto a loro prima. Posso comunque dirti che la mia è : “le cose non stanno sempre così” .

Come vedi il fenomeno del Reggae in Italia?

“Reggae in Italia” è anche il titolo di un brano dell’album, in cui si parla dell’ottimo stato di salute della scena. Al momento è la più massiccia scena underground che ci sia ! E’ in atto una vera e propria Rivoluzione Reggae nel nostro paese ! Il movimento reggae è diffuso in ogni regione e vanta sempre più straordinari talenti come cantanti , artisti e sound systems , in contatto tra loro e animati da un continuo “tam tam”. E’ un vero peccato che venga snobbato dai media perché io invece credo che il Reggae è musica popolare, perché semplice, orecchiabile e capace di parlare direttamente al cuore della gente.

Ed in Sicilia il fenomeno come viene seguito?

Ci sono sempre più realtà, se penso che negli anni ottanta eravamo cinque o sei e ora ci sono dancehall, crew e serate in ogni provincia e d’estate si tengono i concerti dei più grossi nomi della scena reggae mondiale, non posso che esserne felice. Ma sai che in Sicilia la realtà è molto dura e la cosa viene percepita ancora dalle istituzioni come troppo sovversiva, benché diffonda messaggi di giustizia e amore. Pensa che il Sikula Reggae Festival di Rosolini è stato abolito con tanto di intervento armato della polizia in seguito alle pressioni di una coalizione di preti, politici, mafiosi e benpensanti della zona, chissà forse gli stessi di cui in questi giorni si è scoperto che si dichiaravano poveri per non pagare il ticket pur essendo miliardari.

Quali sono i tuoi ascolti?

Il Blues di Rosa Balistreri la più grande cantante siciliana di tutti i tempi, la Soul music, il Roots Reggae di ieri e di oggi, e in generale tutta la musica che mi infonde un senso di pace e armonia, dalle sonate di Gurdjeff alla musica di Tuva, dall’India all’Irlanda, purchè sia vera, sincera e parli al cuore oltre che al corpo.

Come coniughi la musica reggae ed il dialetto della tua terra?

Ascoltatevi “Mettiamo a fuoco” e lo scoprirete immediatamente!

Parlare in dialetto non pensi che possa rendere il tuo lavoro per pochi. Rispetto ad una produzione in italiano?

Certo la tua è una giusta osservazione, infatti io scrivo anche in italiano, ma il fatto che in questo album il dialetto sia così presente non mi impedisce di pensare che può arrivare lo stesso ad un grande pubblico, guarda la musica napoletana o il reggae salentino. In fondo canzoni come “Bedda mia” possono essere comprese e cantate meglio di molti brani in inglese, e poi il dialetto è una ricchezza culturale ed espressiva immensa e non la voglio sacrificare sull’altare dell’omologazione culturale. Ma se dovessi scrivere un pezzone in italiano allora non è che lo tradurrei in siciliano perché è più alternativo! Chiaro no? Ogni canzone ha una sua storia , ed è vero che lo studio la indirizza ma a volte…. se lasci un pò andare, lei stessa ti indicherà qual è la strada giusta da seguire, così magari non andrò al Festivalbar ma che ritmo quando si ascolta quest’album!

foto: www.iljaka.it

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