Melodie pop, ritornelli orecchiabili con uno sguardo di ammirazione rivolto ai Foo Fighters. Queste le basi che hanno dato vita al progetto May Gray capitanato da Paolo Rossi – voce e basso, Alberto Lepri – chitarra e cori, Mattia Giacobazzi – batteria. Una sana manciata di rock e tanta contaminazione non ultima quella che ricade nel voler scrivere testi in italiano.
Al microfono di Patrizio Longo incontriamo la Band per accontentare di questo viaggio Londra (2015 – Irma records). Bentrovato Paolo, questo lavoro segna il momento della svolta?
Ciao a tutti e grazie per questo spazio. Mah, di fatto é il nostro primo disco e devo dire un ottimo inizio. Stiamo avendo il grandissimo piacere di lavorare con persone che operano nel settore da anni come il produttore Marco Bertoni e Umberto e Massimo della storica IRMA Records di Bologna per arrivare ad Antonia di Sbam. Abbiamo ancora tantissimo da fare; Londra non é altro che il nostro biglietto da visita.
La scelta di mettere in copertina una valigia non è stata casuale?
Ovviamente no. Abbiamo scelto l’immagine della valigia perché viene citata proprio nel brano Londra, che dà il titolo all’album. Abbiamo deciso di lasciarla così pulita e semplice perché ha qualcosa di evocativo, é un oggetto che é nato per muoversi e spostarsi, ma é lì che fluttua in un vuoto astratto, statico… e poi anche per ragioni pratiche, perché purtroppo con la diffusione della musica online la parte grafica dei dischi é sempre più sacrificata, e volevamo qualcosa che fosse riconoscibile anche se visualizzata in una dimensione poco più grande di un francobollo. Però ti svelo un segreto: nella versione fisica del CD, sul retro, la valigia é aperta e piena di oggetti che ora non dirò quali sono.
Abbandonare il tutto è andare via credi che sia sempre positivo?
Spesso é sinonimo di insicurezza, di poca responsabilità e codardia, ma a volte é anche un qualcosa che ci si sente dentro e che può arrivare ad essere indispensabile. Con “Londra” abbiamo affrontato varie sfaccettature del viaggio, opposti stati d’animo legati sia al ritorno che alla fuga; tornando alla tua domanda, ti potrei rispondere che abbandonare tutto e andare via al giorno d’oggi sia la soluzione più semplice. I ragazzi hanno paura di mettersi in gioco, di lottare contro uno stato e una società che ahimè li ostacola più che facilitarli, si sentono persi e senza certezze, ma la buona volontà e il sacrificio spesso ripagano ed é proprio questo che un pezzo come “Londra” esorta a fare.
Ancora, parlando del viaggio lo intendi anche come un andare senza metà precisa?
Si, esatto, come detto prima, ogni tanto é bello anche prendere e andarsene in giro per i fatti propri, staccare da tutto e da tutti e starsene un po’ da soli. 1000 miglia é il pezzo che racchiude questa parte del viaggio; prendere le distanze per cercarsi un proprio microcosmo.
Quali sono stati gli ascolti che hanno preceduto questo CD?
Le nostre influenze si rifanno molto a un rock di stampo anni ’90 con i Foo Fighters in primo posto e alla base le melodie pop dei Beatles. Ci piacciono molto anche gruppi nostrani come i Ministri e i FASK. Si, diciamo che il rock ci mette sempre tutti d’accordo.
Perché avete scelto May Gray come nome della band?
Tutto é nato da una mia esperienza passata in California in cui ho vissuto per svariati mesi. May Gray non é altro che un’espressione che indica la stranezza metereologica di un Maggio particolarmente annuvolato e non dominato dal tipico sole californiano presente per quasi tutto l’anno. Qualche anno dopo, proprio nel mese di Maggio 2012, Modena é stata colpita dalla catastrofe del terremoto; ho associato quest’immagine per scrivere il primo pezzo e così abbiamo deciso di tenerlo anche come nome della band.
Come mai avete optato per l’italiano?
Ti dirò, non é stata per niente una scelta facile. I primi pezzi sono nati in inglese e il passaggio all’italiano é stato un duro lavoro, sia per trovare argomenti di cui parlare sia per il modo in cui comunicarli, cosa che avrebbe poi inciso fortemente sul nostro stile. Questo spiega l’attesa di “Londra”; abbiamo preferito attendere prima di buttar fuori un qualcosa che non ci appartenesse. L’italiano da un certo punto di vista facilita l’ascoltatore, che familiarizza e si può assecondare con le canzoni quasi dopo un primo ascolto, ma é decisamente più criticabile e può rischiare di cadere nel banale con il semplice accostamento di due parole. L’inglese dall’altro, non comporta una ricerca e una scelta così attenta dei termini, ma per essere davvero credibile occorre una pronuncia impeccabile. Beh, diciamo che ci siamo presi volentieri questo rischio!
Qual’é il vostro rapporto coi social?
Ci divertiamo, usiamo molto l’ironia e cerchiamo di essere il più aggiornati possibile su tutte le piattaforme. Purtroppo al giorno d’oggi sono fondamentali per una band sia per raggiungere il maggior numero di ascoltatori che per potersi proporre e risultare credibili agli occhi di promoter e locali. L’unico che non usiamo é Twitter perché se non hai davvero un certo numero di follower é praticamente inutile. Quindi che dire, cercateci, divulgateci e condivideteci!
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