Lo abbiamo incontrato in occasione della pubblicazione: Angelo Branduardi: cercando l’oro.
Un libro che guardava menestrello italiano che ha sempre affascinato l’Autore.
Al microfono di Patrizio Longo incontriamo Roberto Tardito, autore del cd Se fossi Dylan. Bentrovato Roberto?
Bentrovato, Patrizio!
Cosa faresti Se fossi Dylan?
Se fossi Dylan avrei un credito ed un’attenzione tale da potermi permettere esperimenti, sia in studio che dal vivo, che rompano di continuo gli schemi. O meglio: io sono e mi sento un artista libero, non sono sotto una multinazionale. Io non mi curo minimamente di ciò che può piacere o non piacere alla gente, non cerco di venire incontro a nessuno, non faccio calcoli. Oggi sono su questa strada, nulla esclude che domani ne prenda un’altra. Certo, se sono io a sperimentare è sotto gli occhi di alcuni, se lo fanno Dylan o colleghi è sotto gli occhi del mondo.
Sono 16 le tracce che richiamano il fascino del menestrello italiano?
Sì sono 16 brani, molto differenti l’uno dall’altro, ognuno con un suo colore ben preciso. Nonostante questo l’album suona molto compatto.
C’è un link fra Angelo Branduardi: cercando l’oro, il libro e Se fossi Dylan il cd?
No, sono progetti molto differenti e non credo ci siano dei raccordi.
Un disco che in tutte le sue tracce racconta esperienze di vita?
In queste canzoni non racconto mie esperienze di vita, se si eccettua l’ultimo brano, Neve, che è un piccolo ritratto fatto con immagini d’infanzia. Ma i temi sono tanti, e sono in effetti esperienze di vita forti: ci sono l’attesa, la guerra, la violenza, l’arte, la morte, il passaggio dall’infanzia all’adolescenza, la rabbia, l’amore.
Ma a questo punto ci chiediamo ma chi è Dylan?
Dylan è la credibilità a priori, è una tendenza del pubblico e spesso anche dei giornalisti a mitizzare ogni comportamento e ogni prodotto degli artisti di grande fama. In una frase della canzone dico: “Anche i capelli bianchi sulla mia testa sarebbero un pregio”. Ecco, spesso di questi artisti vengono incensate opere decisamente mediocri, qualsiasi cosa producano diventa oro colato. Io ho cercato di ironizzare su questo aspetto.
Mutuo una citazione, che si commenta da se: «Ci sono foglie a cui piace farsi toccare altre più interne a cui piace aspettare. Come dire in fondo che il tempo è un signore.» Un tuo commento?
Dicono che il tempo sia galantuomo. Quindi aspettare, essere sicuri dei propri passi, dovrebbe proteggerci dalla maggior parte degli errori. La frase che hai citato, però, nasconde il giudizio finale. E non poteva essere altrimenti, è uno di quei dubbi dell’uomo che restano senza soluzione. Personalmente, e forse contrariamente a quello che succede di solito, io ero molto più attendista da adolescente di quanto lo sia adesso.
Numerose le partecipazioni di musicisti internazionali per questo cd. Come sono stati scelti?
Io sono partito ricordando uno spot che faceva la Microsoft per pubblicizzare internet, verso la fine degli anni Novanta: c’era un ragazzo americano che suonava la chitarra e si registrava sul Pc. In una serie di dissolvenze comparivano via via musicisti di varie nazionalità che suonavano altri strumenti su quella traccia. Per farla breve, alla fine dello spot compariva nuovamente il ragazzo americano che ascoltava seduto in poltrona la canzone finita. Ecco, io ho cercato di tradurre in realtà questa che era un’idea potenziale. Credo di aver ascoltato almeno un migliaio di musicisti sparsi per il mondo, per scegliere poi la rosa finale di 20-25 che hanno suonato nel disco.
Raccontaci del live Se fossi Dylan?
Sono da solo sul palco, e utilizzo delle pedaliere con le quali sovrappongo i suoni in tempo reale, creando quindi una massa di suono anche abbastanza corposa. Nonostante questo non ho saputo rinunciare ad alcuni degli interventi più significativi dei musicisti di cui parlavo prima, e così, ogni tanto, compare qualche presenza virtuale. Questa forma mi sta dando molte soddisfazioni, e la risposta del pubblico è stata assolutamente superiore alle attese. Abbiamo iniziato a metà maggio a Varese e finito pochi giorni fa a Pisa la prima parte della tournée italiana, una trentina di date, a cui seguirà la seconda parte italiana da settembre e poi quella europea nel 2011.
Come viene accolta la tua musica all’estero?
Molto bene. Devo dire che, prima di questo disco, l’attenzione era stata decisamente maggiore all’estero che in Italia. Poi, soprattutto con questa tournée, mi sono dovuto ricredere, perché il pubblico è stato davvero numeroso e partecipe. Nonostante questo, anche in questi concerti italiani era presente una bella rappresentanza estera.
Salutiamoci con una citazione, rubiamola dal cd, Quale?
Guarda, credo che la frase che più mi rappresenta in questo momento, personale e storico, sia contenuta in Paganini: «Sono sempre quel meno di ciò che fa comodo, e l’aria del secolo mi soffoca un poco.»