Questo ultimo tuo album “Tras Os Montes”, come si situa nella tua storia musicale?
Io ho fondato il gruppo Franti (con la cantante Lalli e altri 3 musicisti) e dal 1987, anno di scioglimento, ho continuato a suonare in ambito punk e rock col gruppo aostano dei Kina.
Nel 1993 ho smesso per dedicarmi al lato compositivo e acustico. Nel 1995 è uscito il primo album solista, “Corpi sparsi”, in realtà un reading jazz-poetico che mi ha portato a lavorare in ambito più teatrale (all’Elfo di Milano, ad esempio) ma che è rimasto come una delle matrici della mia musica successiva, a partire da “Le stesse cose ritornano”, pubblicato da On/Off nel 1998. Un album molto “chiuso” sulla mia persona, le mie difficoltà a confrontrami con un mondo distante dai sogni della mia generazione. Un critico lo ha definito un album “iper-realista” e l’idea mi piace. Musicalmente risulta duro e desertico, un pò Nick Cave o John Cale, ma la direzione è quella di sempre, la canzone d’autore in lingua italiana. “Tutto quello che vediamo è qualcos’altro”, primo album per Santeria di Firenze e prima estesa collaborazione con il multistrumentista gallese Dylan Fowler, è uscito nel 2003. Dal 1998 intanto mi ero trasferito a vivere in Gran Bretagna dove ho appunto conosciuto Dylan e altri musicisti, coi quali siamo entrati in sintonia probabilmente per mezzo di una comune “malinconia nordica”! Questo cd è più aperto, più “suonato” e il sound è frutto del contributo, tra gli altri, dei Perturbazione. Nel 2004 è uscito l’album tributo ai cantautori italiani “Una canzone senza finale”, un lavoro a 4 mani, tra me e Mario Congiu, musicista, arrangiatore eccelso e compagno di viaggio da tantissimo tempo. Una track-list nata dall’emozione piuttosto che da calcolo e che vede fianco a fianco Guccini e Lalli, i Truzzi Broders con Luigi Tenco. Il rapporto con Santeria si è concluso e ho cercato qualcuno disposto a pubblicare le mie nuove canzoni, registrate interamente da Dylan Fowler nel suo studio gallese. Ho avuto la fortuna di trovare La Locomotiva, etichetta torinese, piccola, entusiasta che ci ha creduto da subito. Così nel febbraio 2006, a ruota di un cd dal vivo del mio vecchio gruppo Franti (“Estamos en todas partes”, 2005) è uscito questo album dal titolo portoghese!”Vuoi parlarne più in dettaglio?
Quando ho messo insieme una decina di brani ho chiesto a Dylan di richiamare un contrabbassista di Londra, l’australiano Nathan Thomson e di tenermi una settimana libera nel suo studio. The Mill, è appunto un vecchio mulino immerso in una foresta delle Black Mountain, centro Galles. Volevo registrare i brani come una session jazz, un primo ascolto, una breve prova e subito una take. Volevo catturare un suono di “stanza” o piccolo club ma soprattutto la freschezza della sorpresa, la passione verso una nuova canzone. Siamo poi intervenuti dopo in qualche punto ma con pochi tocchi, violini, una tromba, la voce stupenda di Tea Hozdic, anche lei di Londra, ma nota cantante folk di Sarajevo.
L’album in effetti sembra, all’ascolto, una unica session?
E’ voluto, infatti. Fin dal titolo, Tra I Monti, la “visione” dell’album è quella di un viaggio emotivo tra valli, boschi, pietraie e ghiacciai della memoria, dell’amore, della solitudine e della storia, quella piccola di migranti cinesi (“Morecambe Bay”) o un’amica suicida (“Bea”) e quella grande, si fa per dire, di governanti e mass media corrotti (“Canzone con dito medio”).
Per la prima volta ci sono delle cover?
Infatti, ce ne sono tre e casualmente, nel compilare la sequenza dei brani sono venute tutte e tre in fila! Sono molto contento di poter unire al mio lavoro personale quello di musicisti che stimo e canzoni che “sono” mie per empatia, come emozione e gusto musicale. Buona parte dei dischi dei cantautori, esclusi i 5 o 6 grandi, si vendono ad…altri cantautori ma raramente si interpretano canzoni di altri, cosa che invece negli anni 60 e 70 era comune. Io ho incrociato personalmente Edo Cerea, Marco Peroni e la loro musica; in seguito anche i 24 Grana di Napoli. Mi sono innamorato delle loro canzoni, diversissime tra loro, e ne ho interpretate un paio.
In due parole: perchè comprare questo cd?
Al solito, le mie canzoni, richiederebbero almeno un primo ascolto un pò…intimo e attento. Per tutto quello che faccio ci vuole complicità con un suono, un viaggio attraverso scene di vita e scenari emotivi. Ma è la canzone che deve intrigare, la sua qualità, la sua fluidità. Per me è il mio lavoro migliore. Lo so, si dice sempre, ma io ci credo sul serio. Spero che la passione profusa permanga nell’ascolto e, come sempre, spero di incontrare chi da tanti anni mi segue dal vivo, che è sempre la cosa migliore! Grazie