Da poco hanno ultimato le registrazioni del loro primo lavoro realizzato fra la sala prove e casa. Incontriamo i The Synthromantics per raccontare del nuovo lavoro: Everything’s sad but the discoteque, realizzato con registrazioni in casa e sala di prova e di come si vive nella scena italiana indipendente.
Bentrovato Giovanni?
Bentrovato a te!
Quali sono stati gli ascolti che hanno preceduto il vostro lavoro: Everything’s sad but the discoteque?
Siamo stati influenzati dalla musica inglese degli anni ’90: Blur e Fat Boy Slim, per citare due nomi a cui facciamo sicuramente riferimento; personalmente mi piacciono molto anche alcuni artisti più recenti come Just Jack, Mr. Hudson & the Library, Kaiser chiefs, The Thing Things.
Nello scena italiana indipendente, quali le band che ascoltate?
Tutti i gruppi che fanno musica da danceflore pur conservando un indole punk: DID, Late Guest At The Party, THOC, My Awesome Mixtape. Tutti gruppi che cantano in inglese. Da questo punto di vista sono un po’ tradizionalista. Il rock mi piace in inglese; ci sono delle eccezioni tipo Woki Toki, Subsonica, ma in generale trovo che l’italiano funzioni bene per i cantautori e soprattutto per i pochi artisti che sanno scrivere bene.
Cosa significa suonare musica indipendente in Italia?
Vuol dire trovarsi a provare in sale prove umide e fredde che si trasformano in forni quando arriva l’estate, vuol dire buttar via un sacco di tempo, a volte di soldi e il tutto per suonare davanti a dieci persone. In effetti detto così non sembra un granché, ma deve esserci qualcosa di bello in fondo, perché è una delle cose migliori che faccio.
Quali sono le difficoltà che incontrate?
Forse la più grande difficoltà per noi è suonare un genere commerciale in un ambiente come quello indie, dove molti storcono il naso di fronte alle cose di facile ascolto; deve essere per questo che a quasi un anno dalla pubblicazione del cd non dominiamo ancora le classifiche dei dischi più venduti.
Come inizia questa avventura?
Si inizia a suonare sognando di diventare ricchi, famosi, pieni di donne, macchine molleggiate e catene d’oro con scritto il tuo nome, le solite cose insomma. La realtà è che suonare è un’ottima scusa per vedere gli amici; ci conosciamo da anni ed insieme abbiamo creato e disfatto più di una band perdendoci e ritrovandoci lungo il percorso.
Dove trova origine il nome della band?
I romantici sonno prolissi, i sintetici glaciali; volevamo eliminare i difetti e prendere il meglio delle due categorie. Speriamo di non risultare noiosi e asettici, sarebbe una sconfitta.
La rete quali riscontri vi ha dato?
Di preciso non saprei. Ogni tanto su Myspace ci scrive qualcuno che magari abita dall’altra parte del mondo; certo sono contatti superficiali, ma allo stesso tempo fa piacere sapere che la tua musica è arrivata anche in un contesto lontano.
Un aggettivo per descrivere il lavoro?
Everything sad but the discotheque è un cd danzereccio ma non del tutto spensierato; è un po’ come una festa per un amico che parte.
Foto: Verbena Ricotti