A soli tredici anni, Tullio De Piscopo inizia la sua carriera artistica, suonando nei club del porto di Napoli per i marines americani. Il ritmo è scritto nel suo DNA, e lo si percepisce ascoltando i suoi live.
Si alternano ritmi jazz, elettronici e, come afferma lo stesso artista, sperimentali. Non mancano alcune considerazioni che De Piscopo esprime fra un’esibizione e l’altra. Porta con sé il calore del Sud, un’energia che contraddistingue questa terra.
Ascoltando le sue performance, si avverte un legame unico che De Piscopo ha con la batteria e con tutto ciò che riguarda percussioni e ritmo.
Da pochi minuti si è concluso un live che ha visto la partecipazione della Pummarola Blues Band e di Patrizia Conte, definita da De Piscopo come “una donna bianca ma con una voce nera”. Lo incontriamo nel suo camerino e non possiamo fare a meno di complimentarci per la serata.

La domanda d’obbligo è sul grande successo “Andamento Lento”. Tullio racconta:
“Dovevo preparare il provino da presentare al Festival di Sanremo. C’era la musica, ma non avevo il testo. Avevo abbozzato qualche idea. Chiamai un taxi per portarmi da Roma, vicino Ostia, dove avrei finito il brano. Salito sul taxi, dopo pochi metri trovammo traffico. Chiesi al tassista cosa fare, e lui mi rispose: ‘Ma cosa vuole? A Roma è tutto ’na andamento lento’. Mi piacque quella frase. Proprio in taxi scoprii la vena artistica che mi avrebbe portato alla realizzazione del brano.
Chiesi al tassista quanto avrebbe voluto per portarmi direttamente a Napoli. Accettai la proposta, invitandolo a non percorrere l’autostrada, ma la via del mare…
‘Scivola come un’onda libera e ti porta via…’.
La tua esperienza musicale si è formata nei club a Napoli dove approdavano i marines americani. Possiamo definirla la tua scuola?
Sì, quella non solo per me è stata una grande palestra. Ormai non c’è più, peccato, cosa si sono persi i giovani d’oggi, c’erano questi locali ogni 150 metri, ci si ritrovava, si scambiavano le idee musicali, i musicisti andavano assieme a mangiare e bere qualcosa. E’ stata veramente una grande palestra perché ci mettevamo a confronto anche con i marines americani, ogni tanto arrivavano grandi nomi, musicisti famosi che erano alle armi, però devo dire che mi dispiace tanto che i giovani non possono provare questa palestra, è importante perché lì si imparano gli standard, si incomincia a conoscere le armonie, le canzoni.
Venendo da una famiglia di percussionisti hai segnato un’unione importante tra la musica partenopea e la percussione. Secondo te cosa è cambiato tra la musica partenopea periodo e quella che è oggi?
Allora era il “Naples power”, io avevo iniziato col Revolt Group ancora prima con il mio primo disco che era “Sotto e ‘ncoppa”, Napoli sottosopra, momenti politici, la prima volta che Napoli diventò rossa, la prima volta che ci fu il Festival Nazionale dell’Unità in una città che era sempre stata “stelle e corona” o MSI, quindi fu una grande vittoria per noi che stavamo con Berlinguer.

Il tuo grande successo è “Andamento lento”, questo titolo ci ha fatto pensare al caldo, all’estate e al fatto che i ritmi si rallentano. Com’è nata questa canzone?
E’ una storia lunga, io dovevo preparare il provino da dare alla commissione di Sanremo, c’era la musichetta che tutti conosciamo ma mancava il testo finché un giorno chiamo il taxi dall’Hotel Clodio di Roma per andare a finire il pezzo vicino Ostia, salgo sul taxi e dopo 50 metri il piazzale Clodio era tutto intasato allora ho detto al tassista: “ora come facciamo? Arriviamo in ritardo all’appuntamento” e lui ha detto: “ma cosa vuole?”
A Roma è tutto un andamento lento!”, allora questa parola mi era piaciuta e ho cominciato a sviluppare dentro al taxi tutte le armonie e ho capito che quel tassista mi portava fortuna e gli ho chiesto di non andare più dove andavamo e quanti soldi voleva per accompagnarmi a Napoli.
Lui accettò e gli dissi: “non faccia l’autostrada, facciamo la via del mare” e incominciai a scrivere: “scivola, come un’onda libera ti porta via…”.
Il 1974 ha visto la tua partecipazione con il grande maestro Emuir Deodato e nel 1998 “Count Basic” al Blue Note Cafè di New York. Cosa ricordi di queste due esperienze?
Con Deodato è stata una grande svolta per la televisione italiana, era il ’73 un anno dopo con Bob James. Mi ricordo il regista Giancarlo Nicotre che per la prima volta fece delle inquadrature metà schermo Tullio con la batteria e metà schermo Emuir Deodato col pianoforte e poi tutta l’orchestra di 60 elementi. Per me è stato un trionfo perché non mi conoscevano e hanno scoperto questo Tullio, batterista napoletano, da lì è cominciata tutta la mia storia.
Una tua riflessione sulla musica jazz?
Io capisco questi giovani che fanno i CD di jazz, poverini, non sanno come collocarli, non sanno cosa fare, gli mangiano anche dei soldi. Tu pensa che io ho pronti almeno dieci CD di jazz e non li faccio uscire perché devono avere la giusta collocazione, nei CD c’è Woody Shaw, c’è Buddy De Franco, Larry Nocella e tanti altri grandi musicisti.
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Ascolta intervista audio a Tullio De Piscopo