Un lavoro nato come sonorizzazione per il film L’ultima risata (Germania, 1924) del maestro del cinema muto W. F. Murnau e regista noto anche per il film Nosferatu il vampiro. Una voce non voce arricchisce questo disco che è impreziosito da sonorità orchestrali.
Un lavoro che nasce come sonorizzazione e si trasforma in uno spettacolo live.
Al microfono di Patrizio Longo incontriamo i Drunken Butterfly con Lorenzo Castiglioni per raccontare di un viaggio nato per dar voce ad un film muto?
Come Drunken Butterfly siamo nati come un classico gruppo rock, ma sinceramente cominciavamo ad essere un po’ stanchi della solita routine disco – promozione – tour, anche perché oggi l’offerta di gruppi sul mercato è divenuta completamente sproporzionata rispetto alla domanda di locali e organizzatori per cui, non appena ci si è presentata l’occasione, ci siamo buttati a capofitto su quello che, a nostro avviso, è un progetto decisamente più accattivante e particolare.
Come nasce una colonna sonora?
Diciamo che inizialmente ci siamo limitati a guardare il film tantissime volte, ognuno per proprio conto ed anche tutti insieme, per cercare di entrare il più possibile nel mood e farlo nostro, dopodiché abbiamo cominciato a suddividere L’ultima risata cercando di individuare un certo numero di scene ben definito. Solo a questo punto abbiamo preso in mano gli strumenti e abbiamo cercato di comporre la musica che meglio si potesse adattare ad ogni particolare scena.
Quali le difficoltà nello scrivere musiche per un film muto?
In realtà, pur trattandosi di un processo sicuramente lungo e laborioso, personalmente non ho trovato grandi difficoltà anzi, penso sia molto più difficile scrivere un disco che una colonna sonora in quanto, mentre nel primo caso non ci sono riferimenti e puoi trarre ispirazione solamente da quello che provi o dal periodo che stai vivendo, nel secondo puoi partire con la composizione avendo già dei riferimenti ben precisi; da un certo punto di vista sono quasi le scene stesse del film che ti guidano nel processo creativo.
Com’è avvenuta la proposta?
Tutto è nato dalla richiesta dell’A.R.C.I. di musicare dal vivo la pellicola L’ultima risata nell’ambito del festival MutoMaggio, una rassegna che si svolge ogni anno a Macerata ed è dedicata alla sonorizzazione live dei più grandi capolavori del cinema muto. La serata della proiezione è andata talmente bene che abbiamo deciso in un primo momento di portare lo spettacolo in giro per l’Italia e, successivamente, di realizzare un disco con le musiche che avevamo composto appositamente per il film.
Un rimando al titolo del film L’ultima risata, una risata rispetto a cosa?
Il film, una pessimistica elegia del destino umano, racconta di un vecchio portiere di un albergo di lusso a Berlino che viene declassato a inserviente alla toilette, e perde il diritto di indossare la livrea gallonata che gli dava prestigio e potere. Dopo essere stato umiliato, deriso ed emarginato gli spetterà, appunto, l’ultima risata, ovvero un’eredità lo trasformerà in un cliente milionario dello stesso albergo. Secondo me c’è un messaggio di speranza e di fiducia nel futuro in tutto questo, tra l’altro una cosa di cui abbiamo tutti un gran bisogno in questi tempi bui: per quanto le cose possano andar male, per quanto tu possa aver toccato il fondo, non si sa mai come può andare a finire.
Dove è stato registrato e scritto questo disco?
Contrariamente a come abbiamo sempre fatto, ovvero affittare studi di registrazione per i tempi necessari per la realizzazione dei nostri dischi, questa volta ci siamo distaccati da questo tipo di scelta. Ci siamo trasferiti in un casolare di campagna nelle colline della nostra provincia, ci abbiamo portato tutta la nostra attrezzatura, abbiamo adibito diverse stanze ad un vero e proprio studio di registrazione. Per definire i brani, registrarli ed arrivare al master definitivo ci abbiamo impiegato quasi un anno, cosa che sarebbe stata impossibile in uno studio professionale, ovviamente per motivi di budget e di logistica. È stata un’esperienza stupenda, che ci ha cresciuto e fatto legare moltissimo, sia come persone che come gruppo. I risultati poi, a nostro avviso, sono eccezionali: abbiamo finalmente ottenuto il suono che volevamo e che andavamo cercando da diversi anni ormai.
Quali gli ascolti che lo hanno preceduto?
Guarda, siamo tutti accaniti fruitori di musica, ascoltiamo praticamente di tutto. Io ultimamente ho anche riscoperto la classica, in particolare Chopin, che non ascoltavo più dai tempi dell’adolescenza al conservatorio. In generale, comunque, ci piacciono i gruppi che fanno le cose seriamente, che hanno un certo spessore e dei contenuti; devo dire che ultimante queste caratteristiche le riscontriamo molto di più nei gruppi europei che in quelli americani, a parte qualche significativa eccezione.
Il disco è anche uno spettacolo che rimanda al film?
La nostra ambizione, ma anche la nostra presunzione nell’accezione positiva del termine, è stata quella di voler creare uno spettacolo che avesse un minimo di spessore culturale. In un momento storico in cui imperversano programmi come Amici e X-Factor che, purtroppo, determinano ed impongono all’italiano medio i nuovi talenti della musica, noi abbiamo fatto una precisa scelta di campo e ci siamo mossi in direzione contraria. Il nostro disco non è fatto di canzonette da cantare sotto la doccia, così come assistere alla sonorizzazione del film non è esattamente come andare a vedere il cine-panettone natalizio. E se qualcuno non condivide o ci giudica troppo seri, può tranquillamente andare a cercare i propri stimoli da un’altra parte.
Foto: Susanna Eleuteri