Alla terza pubblicazione sull’etichetta indipendente Anomolo Records. I Luxluna ci raccontano alcuni aspetti del nuovo Album. Alessandro Bolli scrivendo del lavoro lo definisce “di notevole spessore artistico“.
Cosa significa per i Luxluna lavorare per un’etichetta indipendente come Anomolo?
Significa garantirsi la totale libertà espressiva ma anche prendersi un carico di responsabilità non indifferente. Sul fatto della libertà c’è poco da spiegare, gli artisti che pubblicano con Anomolo sono scelti in base alle loro capacità, cioè nessuno viene a dirti “cambia questa frase perché troppo dura” oppure “questo arrangiamento non è commerciale” anche se, durante le fasi di produzione, puoi contare sulla collaborazione di veri professionisti che sanno suggerirti scelte estetiche o tecniche (e in questo sono molto bravi!). Ma dipende sempre dagli artisti se accogliere o meno le loro indicazioni. Sulla questione delle responsabilità il discorso è diverso e va capito: pubblicare per una etichetta che rende disponibili le proprie produzioni in maniera libera e gratuita, se apparentemente può sembrare una facilitazione (non essendoci nulla da vendere) nella realtà è l’esatto contrario. Se un album ha poco valore, proprio per il fatto che non è stato pagato, è facilissimo che venga cestinato, cosa che raramente accade se lo si è acquistato, per una forma automatica di condizionamento psicologico dovuto al fatto che si sono spesi dei soldi. In altre parole pubblicare per Anomolo significa contare esclusivamente sulla qualità del proprio materiale; se è scadente spostare la cartella con gli MP3 sul cestino del desktop è questione di un attimo. Ecco perché ogni volta che lavoriamo ad un album ci sentiamo “sovraccarichi” di responsabilità. Più verso noi stessi che verso gli altri, ovviamente.
Questo nuovo album “Borgoapocalisse” (2007- Anomolo) ha un filo conduttore con i precedenti lavori?
Fa parte di un percorso di maturazione consapevole, di un modo particolare di lavorare sugli album che abbiamo imparato a sviluppare negli anni. “Io ricordo tutto” racconta una storia introspettiva e claustrofobica che ruota intorno ad un personaggio centrale, “Borgoapocalisse” racconta tante storie incentrate su un unico luogo, ma entrambi sfruttano le suggestioni cinematografiche ottenute attraverso l’impiego di rumori ambientali. Un album è un’ottima occasione per raccontare qualcosa e se la narrazione riesce anche a trasformarsi in una sorta di esperienza multi-sensoriale, capace di coinvolgere dall’inizio alla fine l’ascoltatore, si è andati al di là della musica fine a se stessa, si è stimolata la sua immaginazione e data a lui la libertà di costruire i propri scenari. Entrambi gli album hanno seguito questo percorso, anche se la materia prima, la musica, non è la stessa e i contenuti sono trattati con toni completamente diversi.
Cosa significa questo titolo “Borgoapocalisse”. Appare quasi come una contraddizione?
In effetti tutto l’album è sospeso sul filo della contraddizione. Borgoapocalisse è un luogo immaginario dove si incrociano personaggi comuni le cui storie, per quanto atroci nella loro reale essenza, vengono interpretate dalla comunità come situazioni del tutto normali. Che una ragazza rumena arrivi nel nostro paese e diventi una puttana di strada è per tutti una cosa assolutamente naturale. Dovremmo a questo punto chiederci se abbiamo perso il senso delle cose, la capacità di guardare oltre la superficie di esse, di giudicarle con occhio critico, perché accettarne incondizionatamente e con una naturalezza spaventosa i risvolti peggiori, come se nulla fosse, è un segnale preoccupante di retrocessione civile, di barbarie contemporanea.
Cos’è la “…follia-normalizzata”. Un ritorno alla ragione comune?
Il contrario, è la rappresentazione di qualcosa che in origine è folle e nel suo evolvere si presenta come condizione normale. Un errore di valutazione che facciamo tutti i giorni dovuto, come dicevo, alla totale incapacità di vedere le cose nella loro reale essenza. Oggi ti prendono per pazzo se trovi inusuale il fatto che un imprenditore, per curare i profitti della propria azienda, lavori per 20 ore al giorno dimenticando tutto il resto. Siamo nel mezzo di una delle epoche più buie dell’umanità, pur possedendo paradossalmente gli strumenti per stare da un’altra parte. Si è perduta quella forma di “ecologia mentale” che da ad ognunodi noi la capacità di discernere il marcio dal buono. In questo continuo rimescolare le carte per confondere le figure, i punti di riferimento sono scomparsi, regna ovunque il disorientamento e il dominio spietato dell’apparenza. Tutto è ribaltato, la gente sta male e non sa come curarsi. Infatti finisce per chiedere aiuto alle maghe.
Perché definite questo disco come “…un lavoro coraggioso, divertente e angosciante”. Rispetto a cosa?
Rispetto alle produzioni ufficiali è senz’altro un disco coraggioso. Molti puntano ad avere 2 hit su un intero album, noi costringiamo gli ascoltatori ad ascoltarselo tutto e in fila, altrimenti ne perderebbero il senso compiuto.
Angosciante e divertente perché mostra brutalità utilizzando un linguaggio sarcastico e tragicomico, che fa ridere.
Quali sono i personaggi che vi hanno ispirato?
Quelli che incontriamo nella vita di tutti i giorni.
Le tracce fra loro hanno un tappeto di suoni ad inizio e fine della stessa. Questa scelta in stile cinematografico dove trova origini?
I suoni sono quelli che abbiamo ripreso in diretta nelle piazze e nelle vie di
paesi marchigiani, dovendo parlare di un borgo e far incrociare diversi personaggi ci servivano i “rumori” delle strade. Le scenette che si ascoltano tra una traccia e l’altra sono state aggiunte dopo. Questa tecnica, tra l’altro, ci ha permesso di utilizzare generi musicali completamente diversi mantenendo una sensazione di continuità lungo tutto l’album. Ogni volta che finisce una canzone si è come ricacciati di forza nel posto dove ci si trovava prima. Questa almeno è la sensazione che hanno avuto molti degli ascoltatori. Ed è anche quella che volevamo.
Avete un luogo dove nascono le vostre canzoni?
No, nascono ovunque e nei momenti peggiori!
Il lavoro propone anche dell’elettronica. Se doveste definire il vostro stile?
Non riusciamo proprio a definire alcunché, passiamo da un genere all’altro con una facilità che qualche volta disorienta anche noi. In generale valutiamo il contesto generale dove un brano verrà inserito, ciò che si propone di trasferire ecc. E’ a quel punto che decidiamo quali riferimenti culturali utilizzare e quali invece tenere fuori. Ad esempio, il tempo portante de “Il fuggitivo” è un tango, lo abbiamo scelto perché quella danza sul corpo di un vigile urbano ci sembrava azzeccatissima e divertente.
Posso chiedervi quali sono i campioni utilizzati nella Tx 5 “Zappateric”?
Se ne è occupato Manooze (uno degli artisti pubblicati da Anomolo). Ha registrato in diretta spezzoni di trasmissioni video e ci ha costruito sopra una progressione ritmica realizzata con Battery, Absynth, Acid ed altri soft synth. Noi li abbiamo assemblati e ci abbiamo aggiunto il tema di pianoforte e la voce di Pasolini alla fine. Se devo dirti il nome dei campioni strumentali onestamente mi troverei in difficoltà.
Grazie per esservi raccontati.
Grazie a voi per la possibilità, è stato un piacere.
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Link www.anomolo.com