Una filosofia musicale basata sulla riflessione, sul viaggio caratterizzato da voci femminili, storie, racconti, ballate, istantanee notturne e lunari. Un viaggio che partito da Roma è ben presto approdato in Irlanda a Dublino.
Il loro singolo s’intitola Song from the end of the world.
Al microfono di Patrizio Longo incontriamo i Mardi Gas con Fabrizio Fontanelli: acoustic guitars e Claudia MacDowell: vocals. Bentrovati! Bentrovato a te Patrizio. Grazie per esserci venuto ad incontrare…
Come vi siete incontrati?
Claudia: io e Fabrizio ci siamo incontrati parecchi anni fa, avevamo molti amici in comune e soltanto in seguito ci siamo accorti di abitare nello stesso quartiere ed avere entrambi un grande sogno: come fruitori di musica volevamo diventare noi stessi musicisti e fondare una band. Fabrizio: Si Io e Claudia veniamo dalle stesse gang giovanili e assieme formammo una band inizio anni 90, i Sydney Parade, io e lei andavamo a vedere i concerti dei nostri amici e una sera decidemmo di farne una noi! Ricordo molto bene quel momento, lei accettò con entusiasmo e iniziammo per un po’ a smazzarci nell’asfittica scena romana di allora. Durammo molto poco, ora il fatto che ci siamo ritrovati nei Mardi Gras chiude un cerchio e ci sentiamo con la stessa energia di allora.
Un viaggio, il vostro, fatto da riflessioni?
Claudia: un viaggio il nostro fatto di riflessioni ma anche di esperienze di vita vissuta, di occhi aperti nei confronti del mondo, ma senza trascurare passione e poesia direi. Fabrizio: Credo che chiunque faccia musica, esprime il proprio io e le proprie riflessioni in musica, si poi qualche brano è veramente introspettivo e parla delle nostre intimità e del nostro rapporto io-mondo esterno, penso a brani come Beneath the moon o What comes what goes che sono delle vere e proprie riflessioni notturne…ci piace quel feeling, quell’incedere…
Che differenza avete riscontrato fra l’Italia musicale e l’Irlanda?
Claudia: l’Irlanda ha un passato di dominazione e violenza ma ha cercato di mantenere il proprio bagaglio culturale intatto con le unghie e con i denti, a costo della vita, e questo si sente anche musicalmente parlando. Per esempio, tutti suonano qualche strumento e conservano l’abitudine di riunirsi e suonare non soltanto per semplice divertimento ma anche per aggregazione sociale e conservazione delle tradizioni. Essere musicisti in Irlanda non è affatto una cosa straordinaria come ancora può esserlo in Italia (musicista? artista? e quindi automaticamente sei un po’ strano e originale), di conseguenza è molto più semplice vivere della propria musica, avere delle serate fisse e pagate dignitosamente ogni settimana e crearsi un seguito numeroso e fedele. In Italia, come dicevo, sopravvive ancora la percezione del musicista come del tipo strambo. quando non è così allora i musicisti sono coloro che fanno altri lavori e suonano esclusivamente per hobby, quindi non c’è sufficiente attenzione e considerazione per chi propone il proprio sound. Poche sono le possibilità di suonare dal vivo e in genere si è malpagati. ma le cose fortunatamente stanno cambiando, alcuni illuminati gestori di locali fanno scelte coraggiose e appassionate, i fonici in gamba aumentano e le sale di registrazione offrono servizi sempre più accurati. Fabrizio: In Irlanda si cresce con una cultura musicale radicata e tutti sin dalla giovane età si cimentano con strumenti e formano rock n roll band a manetta. C’è sempre stata un irruenta vitalità in quell’isola, quando arrivarono gli U2 qua in Italia presto scoprimmo tutto il movimento che sin dagli anni 80 scuoteva un isola messa in ginocchio si da una disoccupazione micidiale, ma dove la musica aveva una funzione primaria per lo sviluppo globale dell’isola. Giravi per Dublino e ogni giorno si formavano delle bands, ricordo gli In Tua Nua (con cui Sinead O’Connor mosse i primi passi), gli Engine Alley da Kilkenny, i Power of Dreams da poco riuniti…i fantastici Hothouse Flowers che io e Claudia frequentavamo nei pub di Dublino. Eravamo attratti da quella energia, visto che soprattutto Roma era un deserto. Ora la scena romana si è per fortuna evoluta e abbiamo degli artisti molto validi e band veramente forti. Direi che le differenze sono in primis culturali, l Italia da tempo non è piu una terra di poeti. Se lo fosse non assisteremmo a una deriva culturale impressionante…
Il vostro nuovo singolo s’intitola: Song from the end of the world. Quali i temi affrontati?
Claudia: è un brano che a dispetto del titolo parla di speranza, di amore inteso anche in senso universale, del miracolo che può produrre l’unione di anime, della cosiddetta empatia, è una canzone che, come ci ha detto uno dei nostri sostenitori, potrebbe trasformare una giornataccia in una bella giornata! Fabrizio: è una canzone sul potere incredibile dell’amore e della sua forza e indomita energia… parla di miracoli di voglia di sentirsi vivi, una scossa di energia in tempi un po’ strani.
Una canzone di protesta?
Claudia: secondo me è la musica che influenza la politica, non viceversa. anzi azzarderei nel dire che la musica può sostituire la politica, dare messaggi forti, sollecitare anche una presa di coscienza nei confronti della vita e della società. la musica è il modo più puro e positivo di fare politica. Fabrizio: assolutamente vero…penso per esempio alla battaglia di Drop the debt a cui anche noi Mardi Gras abbiamo aderito con entusiasmo visto che il problema del debito è ancora centrale per non avere un mondo con velocità diverse…
Nel mestiere di un musicista la passione è l’elemento principale?
Claudia: la passione è l’ingrediente principale, con la passione il messaggio arriva di sicuro, mi piace vedere i musicisti dal vivo che sudano, le vene del collo tutte fuori dei cantanti, il senso di comunione tra chi è sul palco e chi è sotto. lo studio, l’attenzione per gli arrangiamenti, il saper suonare bene sono ovviamente necessari, ma se non c’è il mistero dell’alchimia e il trasporto “sentimentale” non si va molto in là. Fabrizio: vedere i musicisti che portano la loro vita sul palco è uno spettacolo incredibile. Senza passione non c’è la vera musica.
Quali sono i tuoi ascolti?
Claudia :mi definisco un’onnivora musicale, per questo mi è difficile citare dei nomi, ci vorrebbero una quindicina di giorni per non dimenticare nessuno. diciamo che non ho un genere preferito, ho piuttosto dei musicisti preferiti, che siano metal o jazz o blues o soul non ha importanza, è importante che arrivino dritti dritti al mio cuore. Fabrizio: anche io sono onnivoro posso spaziare da Rino Gaetano a Rodrigo y Gabriela passando ai Chemical Brothers e Woody Guthrie. Non esistono generi..esiste solo la buona e cattiva musica.
Foto:Emiliano Bartolucci