I Sud Sound System esplodono sulla scena italiana nel 1991, spinti dall’amore per lo stile “dancehall” che stava dominando nel reggae. Da allora hanno letteralmente inventato una dimensione italiana della dancehall music e del rap. O meglio, una dimensione “salentina”.
Come i giamaicani, i SSS sono fieri del loro dialetto, della loro cultura e della tradizione: con il reggae le reinventano creando una nuova identità per le nuove generazioni, stimolando arte, comunicazione e impegno sociale. Dopo i SSS la musica indipendente italiana non è stata più la stessa, e la scena reggae nostrana ha trovato nel Salento un punto di riferimento imprescindibile. Una carriera di oltre 10 anni di concerti, dancehall, collaborazioni artistiche e dischi, percorsa con coerenza e stile.
In concomitanza con l’uscita del nuovo album Sud Sound System raccontano ai microfoni di EXTRANET la loro esperienza.
Sud Sound System, portatori del Ragga Salentino… come nasce il vostro progetto?
All’inizio il nostro non è stato un progetto, è stato l’amore per una cultura che ci rappresentava non soltanto musicalmente, ma per un insieme di cose… i primi dischi ci sono arrivati dal carnevale di Londra e contenevano da un lato la canzone e dall’altra la cosiddetta “version” (versione strumentale, composta con le parti della canzone – anche riarrangiate – e più funzionale per il dancefloor – N.d.T.). E la tentazione di cantare su queste basi è stata troppo forte, così che abbiamo cominciato ad organizzare una serie di feste, di dance hall, che si sono perpetuate negli anni…
L’evoluzione è quindi stata dal “cantare sui piatti”, al suonare con una vera e propria band.
Il sud è la Giamaica d’Italia?
Beh, latitudine a parte, il bacino mediterraneo ha avuto influenze notevoli da parte dell’Africa… e dal punto di vista musicale si tratta in entrambe i casi di musica popolare tradizionale “underground”! A pensarci bene, la tarantella o la pizzica sono il corrispettivo della musica tribale africana, e così come gli “stornelli” dei contadini delle nostre parti, le tematiche degli Mc giamaicani erano e sono lo sfogo delle classi un po’ “messe da parte”. Si tratta di intrattenimento, ma attraverso la cronaca e la denuncia sociale.
Nella comunicazione internet risulta uno strumento potente. Voi che rapporti avete con questo mezzo?
Ahhahah, a parte il fatto che al nostro paese ancora non c’è l’adsl e quindi possiamo farci ben poco, però quando abbiamo accesso alla banda larga teniamo aggiornato il nostro sito www.sudsoundsystem.com, con tantissimi contenuti audio, foto, video, una “piazza” per gli incontri (e per gli scontri, N.d.T). e che il mese scorso ospitava un contest decisamente interessante, sia per il tema che per i premi personalizzati SUD SOUND SYSTEM.
1991-92 “Fuecu”, “T’a Sciuta Bona”, “Ragga Internazionale”… ed oggi “Acqua pe sta terra”. Differenze?
Fondamentalmente il tempo ti insegna a “fermare le immagini”, ad analizzare le emozioni con una visione più distaccata. Musicalmente, poi, naturalmente si cresce ma non si arriva mai, anzi ci si accorge sempre si più di quanto siano sconfinate le esperienze musicali. Bisogna solo non perdere mai la curiosità dei bambini, misurarsi sempre con situazioni nuove, è questo che fa andare avanti chi la musica la ama veramente.
“Acqua pe sta terra” – in rotazione anche sul satellite di MTV – come avete scelto le collaborazioni?
Chico, Anthony Johnson, General Levy sono stati ospiti delle nostre dance hall durante la registrazione del disco ed è stato proprio naturale che la mattina seguente venissero a trovarci in studio, ascoltassero il materiale, e magari si trovassero a proporre qualche soluzione, qualche intervento nei pezzi. Grande General Levy che ha recitato in dialetto salentino “non te fa futtere, non te fa futtere!!” nel suo stile singhiozzante.
Il rasta Luciano, invece, lo abbiamo contattato tramite il nostro manager e lui, dopo essersi accertato che non fossimo dei “bad boys” – cioè che non cantassimo nefandezze – si è “immischiato alla grande”, anche se le cose sono state fatte a distanza e non ci siamo mai incontrati. Ma la musica è come la matematica… se conosci le formule, sai che numeri deve infilare per ottenere il risultato.
Se doveste fare un tributo, a chi lo fareste?
Gorge Knox, Beres Hammond, Sizzla, sono molti gli artisti che “rappresentano”, anche senza comparire nella scena mainstream; questo perché magari scelgono tematiche spinose da affrontare per i media, perché raccontano e si mettono a disposizione di chi soffre, e perché non rientra nella loro filosofia il farsi vedere in televisione.
Tanti ragazzi si spostano dalle discoteche alle dance hall. Come mai?
Qualcuno di noi in passato ha frequentato molto le discoteche (quando andava il funky, heheheh…. e quindi si può già capire l’età che abbiamo….), ma la discoteca ha un clima di evasione, astrazione… ti metti un costume, ti trucchi, e per un tot di ore ti dimentichi chi sei. Ma quando è finita la discoteca, il giorno dopo le cose che non ti piacciono non le hai cambiate e continui ad accettarle. La dance hall invece, anche se in un clima di festa, racconta la strada: e tanti ragazzi crescono nella strada, e la dance hall denuncia le condizioni in cui vivono tanti ragazzi. La musica penetra nell’anima, nella coscienza e tanti ragazzi vogliono sentire cose in cui possano rispecchiarsi. La lezione del reggae è: parlare della realtà, esprimere i propri sentimenti, e metterci un poco di poesia. E non ci sembra che in discoteca si possano trovare questi elementi…
Grazie per essere stati con noi, buon tour per quest’estate 2005.
Fuecu!
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Ascolta intervista audio ai Sud Sound System